Amore fra le righe: "BALLO IN MASCHERA" di Alexandra J. Forrest.

"AMORE FRA LE RIGHE" ospita oggi un racconto storico di un'altra grande della letteratura romance in Italia.


Non lasciatevi scappare "Ballo in maschera" di Alexandra J. Forrest, un gioiello romantico di ambientazione Risorgimentale!





Torino, marzo 1859.

«Oh, vi prego, basta coi discorsi di politica e di guerra!» esclamò Elisa fingendosi imbronciata. «Raccontatemi qualcosa di piacevole, altrimenti cancellerò dal mio carnet tutti i balli che vi ho riservato!»
   «Soltanto due ciascuno», si lamentò Oliviero. «Sappiamo bene con quale nome intendete colmare lo spazio rimasto vuoto.»
   «Sareste dunque gelosi?» domandò lei, guardando entrambi i propri cavalieri con un aggraziato movimento del capo che fece ondeggiare i riccioli castani.
   «Lo saremmo, se Nicola di San Severo vi corteggiasse seriamente», replicò Ezio. «Ma mi pare che finora non si sia fatto avanti.»
   Elisa continuò a sorridere, ma inghiottì amaro. Le piaceva civettare ed essere circondata da adoranti corteggiatori, ma il suo cuore batteva solo per l’affascinante conte di San Severo e lui, in effetti, sembrava non ricambiare i suoi sentimenti con la stessa intensità. Il suo corteggiamento era assai discreto, troppo esitante per scoraggiare i rivali, e anche se le mandava fiori e piccoli doni non aveva, almeno fino ad allora, espresso le proprie intenzioni. Represse un sospiro e scrutò ansiosa in direzione dell’ingresso da cui affluivano alcuni ritardatari, fra i quali però non c’era Nicola, e si sforzò di celare la delusione.
   Il salone era ormai affollato. La serata danzante sarebbe stata preceduta da un ricco buffet allestito in una sala adiacente, ma numerosi camerieri in livrea si muovevano fra gli invitati per offrire rinfreschi, mentre in sottofondo si udivano gli arpeggi dell’orchestra. Il tono delle conversazioni era sommesso e fra i più giovani avvenivano giochi di sguardi, rapidi cenni d’intesa. Sorrisi seducenti di fanciulle che un subitaneo levarsi dei ventagli celava, bastanti tuttavia a inviare silenziosi messaggi e a farsi notare.
   Elisa cominciava a perdere la speranza di veder apparire Nicola, ma i giovanotti facevano a gara per prenotare balli e lei ne scriveva i nomi col sorriso sulle labbra, scambiando qualche battuta come se non avesse altro pensiero al mondo che divertirsi.
   «Se il vostro cavaliere preferito tarderà ancora, rischia di non fare neppure un giro di valzer con voi», dichiarò con una sfumatura di malizia Oliviero.
   «Nel carnet c’è spazio a sufficienza per quando arriverà», replicò lei.
   «Guardate, la marchesa è rientrata. Questo significa che non vi sono altri ospiti da ricevere.»
   Era vero, fu costretta ad ammettere Elisa. Se Violante aveva lasciato lo scalone d’onore voleva dire che nessun altro sarebbe arrivato. Ma lei non voleva rassegnarsi. Nicola stesso le aveva assicurato che sarebbe stato presente al ricevimento e dunque, prima o poi, l’avrebbe visto varcare quella soglia.
   Nel frattempo si sarebbe concessa una coppa di spumante e qualche tartina.
   La riunione di gabinetto col Ministro e lo Stato maggiore era stata più lunga del previsto, ma il suo protrarsi era giustificato dalla gravità delle decisioni da prendere. Cavour, con un’abile manovra politica, aveva costretto l’Austria a dichiarare guerra al Piemonte, e ora Napoleone sarebbe stato costretto a propria volta a rispettare il patto d’alleanza e a scendere in campo al fianco dell’esercito piemontese. Quando finalmente, dopo animate discussioni si era raggiunto un accordo, Nicola si era reso conto di quanto fosse tardi. Tuttavia non intendeva rinunciare al ricevimento a Palazzo Mazzetti dove era certo lo aspettasse Elisa Serpieri e vi si era fatto condurre senza passare da casa per cambiarsi. E pazienza se invece della marsina avrebbe indossato l’uniforme.
   Violante Mazzetti stava conversando con alcuni invitati quando l’ospite ritardatario, nonché più atteso, apparve sulla soglia del salone. Le danze erano da poco iniziate e numerose coppie volteggiavano, sorridenti e aggraziate, al suono di un valzer. Il suo dovere di padrona di casa imponeva che andasse ad accoglierlo perciò, dopo essersi scusata coi conoscenti, andò incontro a Nicola col più radioso dei sorrisi.
   «Benvenuto, amico mio», lo salutò offrendogli la mano. «Temevo che stasera ci avreste privato del piacere della vostra compagnia.»
   «Sono desolato per il ritardo, mia cara, ma sono stato trattenuto da una riunione di gabinetto al Ministero», spiegò il giovane con un sorriso.
   «Allora avrete ancora più voglia di divertirvi. Approfittate del buffet e poi lanciatevi nelle danze. Le vostre ammiratrici non attendono altro!»
   «Avete visto Elisa?»
   Le parve di percepire una sfumatura d’ansia nel suo tono. «Certamente. Poc’anzi sfarfallava al braccio di Ezio e Oliviero Castellani. Quei due giovanotti le ronzano sempre attorno.» Lanciò una rapida occhiata in giro e fra le coppie impegnate nel ballo, ma non vide Elisa. «Forse la troverete al buffet, o magari fuori sulla terrazza. Ora però vi devo lasciare. Mi scusate, vero?»
   Nicola le rivolse un cenno e Violante si dileguò fra gli ospiti. Lui indugiò qualche istante, poi andò a salutare degli amici e a porgere omaggi alle signore, senza dimenticare di rivolgere garbati complimenti per la loro eleganza, con la segreta speranza di incontrare Elisa, alquanto sorpreso che non fosse fra i ballerini che affollavano il centro del salone. I fratelli Castellani danzavano con altre ragazze, notò con sollievo, ma dove era finita Elisa?
   «Nicola, finalmente siete arrivato», disse una voce alle sue spalle.
   Si girò sorridendo, chinandosi a sfiorare con le labbra la mano che Letizia Ristori gli aveva offerto. «Avrei lasciato la riunione prima, se avessi saputo di essere atteso con tanta ansia da voi.»
   «Non da me, sciocco!» replicò lei dandogli un colpetto col ventaglio sul braccio. «Mi riferivo a Elisa.»
   «Davvero mi aspettava?»
   «Ma certo. Siete cieco, per caso?» sibilò irritata. «Non dovrei dirvelo, ma Elisa ha perso la testa per voi.»
   Il cuore gli prese il volo e l’emozione trasparì dal suo viso. «Sapete dov’è adesso?»
   «Sulla terrazza a spargere lacrime per la vostra indifferenza, suppongo.»
   «Vi ringrazio», rispose Nicola allontanandosi in fretta.
   Letizia lo guardò e sospirò, riprendendo a muovere pigramente il ventaglio.
   «Avete scordato il nostro ballo?» domandò Armando Diaz offrendole il braccio.
   «Come potrei averlo dimenticato?» rispose civettuola seguendolo e prendendo posto con lui fra le altre coppie.
   La notte era chiara e serena, insolitamente mite per la stagione.
   Appoggiata alla balaustra Elisa rincorreva i disordinati pensieri che le affollavano la mente e si interrogava sui misteriosi motivi che tenevano Nicola lontano da lei. Un impegno improrogabile… o forse un’altra donna. Dopo tutto il conte di San Severo era uno degli scapoli più ambiti e quasi tutte le ragazze da marito di sua conoscenza lo consideravano irresistibile. Persino quelle già fidanzate o sul punto di esserlo lo guardavano adoranti. Competere con tante agguerrite rivali era alquanto sfibrante e finora la sua strategia per conquistarlo si era rivelata poco efficace.
   «Cosa ci fa la più bella ragazza della festa tutta sola qua fuori?»
   Elisa si voltò di scatto, il cuore in tumulto. «Nicola, che sorpresa!» esclamò, cercando di apparire disinvolta. Per fortuna non c’era luce sufficiente perché lui potesse scorgere il rossore che le era salito al viso.
   Lui le si accostò e sorridendo le porse il braccio. «Volete fare due passi?»
   «Volentieri», accettò senza esitare.
   «Temo che i vostri ammiratori resteranno delusi non vedendovi rientrare.»
   «Se ne faranno una ragione», replicò Elisa.
   «Mi siete parsa molto pensierosa poco fa, mentre vi osservavo.»
   «Lo ero, in effetti. Mi stavo chiedendo cosa o chi vi impedisse di partecipare alla serata.»
   «Niente avrebbe potuto trattenermi. A riunione conclusa mi sono precipitato qui senza passare da casa per cambiarmi, come potete vedere.»
   «Avete preso parte a una riunione al Ministero?»
   «Con Cavour e lo Stato Maggiore al completo.»
   «Allora è vero che ci sarà la guerra. Se ne parlava anche stasera, ma non volevo crederci.»
   «Ormai è inevitabile», sospirò Nicola. «Non posso entrare in dettagli, ma tutto è pronto.»
   «E voi partirete presto, immagino.»
   «Devo raggiungere il mio reggimento fra due giorni, a Pinerolo.»
   Elisa si sentì girare la testa e non riuscì a parlare per l’angoscia. Nemmeno si accorse di essersi quasi aggrappata al braccio di lui con un tremore improvviso. Nicola sarebbe andato in guerra! Un pensiero sconvolgente che minacciò di travolgerla. Chiuse gli occhi un momento e cercò dentro di sé la forza di dominare l’emozione. Due giorni… Due giorni soltanto, pensò con la mente in subbuglio.
   Il suo turbamento non passò inosservato. «Vi sentite poco bene? Volete sedervi?»
   «Solo qualche attimo», mormorò lei.
   L’accompagnò a una panchina e le sedette accanto, spiando con ansia il suo bel viso. Le tenne la mano gelida, carezzandole piano le dita. «Forse non è il momento giusto per dirvelo, ma vi amo. Sono innamorato di voi da tanto tempo, ma non avevo il coraggio di farmi avanti. Adesso mi rendo conto d’aver sbagliato, ma non voglio lasciarvi senza sapere se anche voi mi amate.»
   «Oh, Nicola, certo che vi amo!» esclamò lei con slancio. « Dovrei essere arrabbiata con voi per avermi lasciata nel dubbio così a lungo, ma sono troppo felice e vi perdono.»
   «Mi aspetterete?»
   «Sono vostra, Nicola», affermò guardandolo negli occhi. «Vi amo con tutto il cuore e vi aspetterò.»
   «Domani mi presenterò al vostro tutore per dichiarare le mie intenzioni.»
   Elisa sorrise, sfiorandogli la guancia con una carezza. «Amore mio, sono maggiorenne e pertanto libera di scegliere l’uomo che sposerò.»
   «Lo so, tuttavia desidero rendere ufficiale la nostra promessa.»
   «Come siete solenne!» esclamò. Cosa aspettava a baciarla? Forse aveva bisogno di un incoraggiamento, pensò accostando il viso a quello di lui con un tacito, ma inequivocabile invito.
   Nicola fissò incantato la bocca dischiusa per qualche attimo, poi la imprigionò nella propria
con passione, forza e tenerezza insieme. Un bacio che era ardore e possesso, ma anche languore e sensualità. Fuoco e miele, con in più l’aroma intenso delle spezie. Morbide come velluto, gentili e prepotenti, la risucchiarono in un vortice di sensazioni, toccandola fin nel profondo, raggiungendo i più remoti recessi della sua anima e avvolgendola in una spirale fiammeggiante che la stordì. Lui prendeva e donava, si ritraeva un poco e ricominciava la lenta,estenuante carezza delle labbra. Non era soltanto un bacio: erano mille e mille baci. Era come essere lambita dalle onde tiepide della risacca, travolta dalla piena di un torrente, trascinata alla deriva nell’oceano e oscillare sull’orlo del cratere di un vulcano in eruzione. Neanche nelle sue fantasie più ardite aveva immaginato che baciare Nicola potesse essere così sconvolgente. Niente l’aveva preparata alla tempesta sensoriale che ribolliva dentro di lei e le procurava le vertigini, risvegliava desideri proibiti…
   Aveva la mente in fiamme, e non soltanto quella, quando infine Nicola interruppe la fusione delle loro labbra e si scostò. Gli occhi neri di lui ardevano di fuochi tenebrosi e il suo respiro era affrettato quanto quello di Elisa. Si guardarono in silenzio, sopraffatti dall’intensità delle emozioni, faticando a ritrovare una parvenza di calma. La passione che il bacio aveva acceso seguitava ad ardere e adesso esitavano a toccarsi di nuovo per timore di non poterla dominare. Ma lo volevano davvero?
   «Camminiamo, volete?» le propose alzandosi. Si sentiva bruciare come di febbre e sperava che l’aria fresca del giardino placasse il tumulto del suo cuore e dei suoi sensi. Mai aveva desiderato una donna come desiderava Elisa. Mai aveva sperimentato una simile torbida sensualità, un amore così struggente e passionale da compromettere la sua lucidità.
   Lei prese la mano che le porse e, pervasa da uno strano senso d’irrealtà, si avviò al suo fianco verso la scalinata che dal terrazzo scendeva nel parco.
   Imboccarono un sentiero fra i tanti che s’intrecciavano in mezzo a siepi e aiuole. Qua e là alberi secolari l’ombreggiavano, disegnando ragnatele di pallida luce sul loro cammino. Pian piano la musica proveniente dal salone si attenuò fino a smorzarsi del tutto e non si udì altro che il lieve frusciare della brezza fra i rami. Il pensiero che qualcuno avrebbe cominciato a interrogarsi sul motivo della loro prolungata assenza s’insinuò nella mente di Elisa, ma fugace com’era venuto si dileguò. Quella passeggiata al chiaro di luna era troppo piacevole per lasciarle il tempo di pensare ad altro che non fosse la vicinanza di lui. Neppure il silenzio sceso fra loro dopo che si erano baciati poteva turbare la felicità che le faceva battere forte il cuore.
   Quando giunsero in fondo al sentiero, fra gli alberi apparve una piccola ma elegante costruzione in stile Barocco, a cui i lampioncini cinesi che l’illuminavano conferivano un tocco esotico.
   Elisa alzò il viso per guardare Nicola. «Non ero mai stata quaggiù. E’ la foresteria, vero? »
   «Sì, non trovate che sia molto suggestiva?»
   «Senza dubbio», annuì. «Ma perché mi ci avete portata?»
   «In realtà non è stato intenzionale… » O forse sì? «Volevo solo prolungare la nostra passeggiata. Forse però dovremmo rientrare. Siamo fuori da parecchio e… »
   «Credete che potremmo entrare?» chiese Elisa, sbirciando curiosa da una delle finestre.
   «Immagino di sì. La porta non è chiusa a chiave… »
   «Allora diamo un’occhiata», propose lei con un sorriso. «Suvvia, fatemi contenta.»
   Nicola si arrese. «Solo per qualche minuto.»
   Dentro era buio.
   «Aspettate, faccio un po’ di luce.» Accese le candele e fece un ampio gesto col braccio. «Non c’è molto da vedere. Questa è la stanza principale e laggiù ce ne sono altre due.»
   Elisa si guardò attorno. L’arredamento era essenziale, ma raffinato. Si aggirò per la stanza, indugiando a osservare i divani rivestiti di stoffe variopinte, i tavolini intarsiati, poltrone e sgabelli imbottiti. Preziosi tappeti orientali coprivano il pavimento e, alle pareti, quadri con paesaggi e scene di caccia, ma anche nudi femminili piuttosto audaci. Il sospetto che la foresteria fosse destinata a un uso diverso da quello per cui era stata costruita le si affacciò alla mente, insieme alle chiacchiere che riguardavano la vita sentimentale della marchesa, che si diceva fosse piuttosto movimentata.
   «Mi mostrate anche le altre stanze?» domandò, girandosi verso il giovane.
   «Credo abbiate visto abbastanza», replicò Nicola. «Andiamo via.»
   Elisa non lo ascoltò e si diresse verso una delle porte, ma lui la raggiunse con un balzo e le afferrò un braccio per trattenerla. «Per favore, usciamo da qui.»
   «Perché vi turba tanto il pensiero che veda le altre stanze?» chiese facendogli scorrere un dito sul petto con aria birichina.
   Deciso, lui le bloccò la mano. «Non è posto adatto a una ragazza come voi.»
   «Una ragazza come me? Non sono ingenua come pensate, e vi rammento che mi ci avete portato voi, sia pure non intenzionalmente. Forse vi siete lasciato guidare dai vostri desideri. Quelli che cercate di dominare, ma che vi si leggono in viso. Il bacio che ci siamo scambiati è stato sconvolgente per entrambi. Adesso vorreste comportarvi da gentiluomo, ma il vostro corpo di tradisce… I vostri occhi ardono di passione.»
   «Basta!» proruppe lui, ma non la respinse.
   Elisa affilò lo sguardo. «Non è la prima volta che venite qui», affermò. «Anche voi vi siete lasciato sedurre dalle grazie della marchesa, non è vero?»
   «Sì, ho avuto una breve storia con lei, tempo fa.»
   «E i vostri convegni d’amore avvenivano proprio quaggiù.»
   «I nostri convegni, come li chiamate voi, non avevano niente a che vedere con l’amore. Si trattava di semplice attrazione fisica.»
   Il dito di Elisa riprese a scorrere fra gli alamari dorati dell’uniforme. «Mentre fra noi è diverso… »
   «Voi siete la donna che amo e che diventerà mia moglie.»
   «E volete che sia un amore casto e puro fino al matrimonio», dichiarò con tono provocatorio.
   «Di certo sapete come far perdere la testa a un uomo, Elisa», ribatté esasperato. «La vostra audacia mi incanta e allo stesso tempo mi irrita, così che non so se sculacciarvi o strapparvi di dosso quel costoso vestito e fare l’amore con voi. Forse entrambe le cose, e non necessariamente in quest’ordine.»
   «Sciupare il vestito sarebbe imperdonabile, poiché dopo non potrei tornare nel salone. Perciò… spogliatemi.» Si girò risoluta, presentandogli una fila di piccoli bottoni di perla.
   Nicola le posò le mani sulle spalle, lasciate scoperte dall’ampia scollatura, e l’accarezzò piano. Poi si chinò a baciarle il collo, avvertendo sotto le labbra le pulsazioni affrettate. Continuò a deporre piccoli baci sulla pelle morbida, mentre armeggiava coi bottoni e si sentiva come un adolescente. Le dita rese incerte dall’emozione e dal desiderio che gli vibrava dentro in ondate sempre più intense, incontrollabili. Quando anche l’ultima perla sgusciò dall’asola, a Elisa bastò un solo fluido movimento sinuoso perché il vestito si afflosciasse sul tappeto, seguito a breve dalle sottogonne e dal bustino.
   Ormai con la sola camiciola addosso si girò verso di lui con un sorriso malizioso e iniziò a slacciare gli alamari della giubba, la fibbia della cintura…
   «Quanti uomini avete spogliato?» chiese lui con voce roca.
   «Nessuno, però imparo in fretta.»
   Quando venne il turno dei pantaloni, Nicola le afferrò le mani. «Lasciate fare a me.» Non era certo la prima volta che si spogliava davanti a una donna, ma con Elisa era tutt’altra questione e sentirsi scrutato dal suo sguardo lo mise a disagio. Ma lei lo abbracciò e il contatto col suo corpo gli fece superare quell’istante. Cadde anche l’ultima, sottile barriera fra loro e Nicola la trascinò sul divano, troppo impaziente per raggiungere la stanza da letto. Assaporò il miele della sua bocca e la dolcezza d’ambrosia dei suoi seni, la sentì fremere sotto le sue carezze sempre più intime e sensuali, vibrando a propria volta a quelle di lei. Si specchiò nei suoi occhi color del mare lucenti di passione e la marea infuocata lo sommerse nel momento in cui la prese con languida dolcezza, serrandola con forza e tenerezza insieme.
   Aggrappata alle spalle di lui, Elisa si sentì naufragare in un oceano di piacere. Ardere di un fuoco che divampava dal nucleo del suo essere e si diramava in ogni singola fibra, in ogni recesso. Era velluto e acciaio, seta e potenza mascolina, travolgente passione e levità di piuma. Era torbida lussuria e purezza incontaminata. Sfrenato erotismo e mistica devozione si fondevano in lui mentre l’amava, la prendeva donandosi senza riserve, lambiva, accarezzava, sfiorava ogni parte del suo corpo, la sentiva schiudersi e offrirsi in un crescendo di tensione emotiva e carnale così esaltante da rischiare di fargli perdere il controllo. Si fermò, trattenendosi dentro di lei qualche istante per assaporare le squisite sensazioni che gli procurava la sua carne rovente. Una guaina che gli aderiva, avvolgente e morbida, infliggendogli stilettate di pura delizia che lo eccitarono e lo spronarono a muoversi di nuovo.
   Elisa inarcò i fianchi, lo strinse con forza e gli morse la spalla. Lui reagì con un affondo che le mozzò il respiro e la portò sull’orlo dell’estasi. Poi si ritrasse con estenuante lentezza e la baciò sulla bocca, sulla gola palpitante e infine scese sui seni, carezzandoli con le labbra, lambendone i boccioli turgidi fino a farla gemere e spasimare. Si strinse a lui mentre entrava e usciva con ritmo accelerato e quasi frenetico, lasciandosi trasportare ai margini dell’universo dove si librarono insieme in un’estasi sublime e travolgente.
   Giacevano abbracciati sul divano quando un’improvvisa serie di esplosioni e luci multicolori li fece trasalire.
   «Cosa succede?» chiese Elisa balzando a sedere.
   «Fuochi d’artificio, amore. Il clou della serata.»
   «Allora è molto tardi. Santo cielo, lo zio mi starà cercando!»
   «Tranquilla, saranno tutti occupati ad ammirare lo spettacolo e non si accorgeranno della nostra assenza.»
   Elisa tornò a rifugiarsi fra le sue braccia con un sospiro. Quello che era accaduto fra loro l’aveva trasformata e non sarebbe stata mai più la stessa, meditò con un sorriso, lasciandosi pervadere dalla nuova consapevolezza della femminilità completa che l’intimo congiungimento aveva fatto sbocciare.
   «Perché quell’aria sognante?» domandò Nicola che l’osservava da un po’.
   «Sono felice», mormorò lei stiracchiandosi.
   «Lo sono anch’io, ma temo sia ora di andare. Non vorrei che qualcuno troppo zelante si sentisse in dovere di cercarci.»
   Si rivestirono in silenzio e prima di uscire Nicola spense le candele. Dalla soglia, Elisa guardò ancora una volta la stanza e quando lui la raggiunse gli insinuò la mano sottobraccio e lo strinse, levando lo sguardo verso il cielo in cui si aprivano fiori multicolori e sgargianti, mentre gli scoppi si susseguivano a raffica e infrangevano la quiete notturna. La brezza portò fino a loro l’odore della polvere pirica. Forse lo stesso che permeava l’aria sui campi di battaglia.
   D’un tratto i fuochi d’artificio persero tutto il loro fascino.
   «Portami via di qui», implorò Elisa. «Questo frastuono è assordante.»
   Nicola capì e la prese fra le braccia. «Non avere paura, amore», la rassicurò posando il capo sui suoi riccioli. «Prometto che non correrò alcun rischio e che tornerò sano e salvo.»
   «Elisa?» Il tono interrogativo di una voce familiare e la figura maschile emersa dall’ombra di un sentiero li indusse a separarsi. L’uomo scrutò l’ufficiale in compagnia della nipote. «Siete voi, Nicola?»
   «Sì, barone Serpieri.»
   «Zio, siete venuto fin quaggiù a cercarmi?»
   «Non riuscivo a trovarti ed ero preoccupato… » S’interruppe e sorrise. «Ma senza motivo, vedo.»
   «Scusate se vi ho causato apprensione, zio caro», lo blandì la giovane. «Volevamo ammirare il parco al chiaro di luna e ci siamo attardati.»
   «E poi sono iniziati i fuochi», intervenne Nicola.
   «Dalla terrazza avreste avuto una visuale migliore», osservò il barone.
   L’ultimo fiore di luce variegata esplose nel cielo e si estinse con una pioggia di scintille, seguito dal silenzio.
   «Vi devo lasciare», disse Elisa. «Grazie per avermi fatto compagnia, Nicola.»
   «E’ stato un piacere», replicò lui nel baciarle la mano.
   La frase si prestava a un doppio senso che la fece sorridere. «Anche per me», sussurrò. «Vi aspetto domani pomeriggio per il tè», aggiunse.
   «Non mancherò.»

La giornata si annunciò grigia fin dal mattino e dopo pranzo cominciò a piovere.
   Elisa si ritirò nella sala da lettura per ingannare il tempo nell’attesa che arrivasse l’ora del tè, mentre lo zio si concedeva il suo solito pisolino. Presto però si rese conto di essere troppo nervosa per dedicare al libro l’attenzione che meritava e lasciò vagare lo sguardo sullo scorcio di giardino che intravedeva dalla finestra dilavata dalla pioggia. Fino a quel momento era riuscita a relegare in un angolo ogni pensiero su Nicola. Persino a tavola, quando lo zio le aveva rivolto qualche cauta domanda, si era comportata in modo disinvolto e senza arrossire. Lo zio aveva indagato per conoscere il motivo dell’invito pomeridiano e lei glielo aveva lasciato intuire, evitando però di entrare nei dettagli. Lui non aveva mancato di osservare che Nicola di San Severo era un ottimo partito e non apparteneva alla categoria dei cacciatori di dote che le ronzavano attorno, ma puntualizzò che aveva scelto il momento meno opportuno per dichiararsi, poiché doveva partire per la guerra e vi era il rischio che rimanesse lontano a lungo, ma la separazione avrebbe messo alla prova i loro sentimenti.
   A quel punto Elisa aveva preferito cambiare argomento.
   Tuttavia, adesso che era sola, non poté impedirsi di ricordare gli istanti di intensa, turbinosa passione vissuti nella foresteria. Col libro abbandonato sulle ginocchia lasciò che le immagini le invadessero la mente e per meglio metterle a fuoco chiuse gli occhi. Col tamburellare della pioggia che faceva da sottofondo sentì di nuovo il calore dei suoi baci, il tocco delle sue mani che sfioravano, accarezzavano, esploravano… Con un fremito di desiderio lo sentì dentro di sé, amorevole e tenero, famelico e rapace. Tutto sembrò fermarsi, sospeso e immobile, oscillante sull’orlo di un vertiginoso precipizio sul quale si librò un attimo prima di lasciarsi cadere a volo d’angelo e si sentì bruciare, spasimare per la smania di provare ancora le stesse sensazioni. Un fuoco che le incendiò i sensi e la fece gemere di frustrazione.
   Un leggero ma insistente bussare alla porta la riportò bruscamente alla realtà.
   «Avanti», disse.
   Si affacciò il maggiordomo. «Il conte di San Severo è arrivato, signorina», l’avvisò.
   Elisa s’alzò di scatto e il libro cadde sul tappeto. «Informate il barone, per favore, e accompagnate il conte in salotto.» Poi raccolse il volume e lo posò sul tavolo. Col batticuore lisciò la gonna e sistemò i riccioli, trasse un gran respiro e uscì. Mentre attraversava l’ampio vestibolo, diretta verso il salotto, il pendolo suonò le cinque.
   Ferma sulla soglia indugiò a guardare Nicola che le dava le spalle e le parve che il pavimento le tremasse sotto i piedi. Ma era lei che stava tremando. Lei che sentiva le ginocchia molli come cera calda alla vista dell’uomo che amava, così alto, atletico ed elegante nell’abito da pomeriggio da sconvolgerla fin nel profondo.
   «Nicola… »
   Lui si girò e un sorriso gli illuminò il volto. «Elisa… » Le mosse incontro per prenderle le mani e baciarne i palmi. «E’ una tale gioia rivedervi», mormorò, alzando gli occhi per guardarla in un modo che le fece girare la testa. «Ho pensato a voi tutta la notte», aggiunse.
   Avvolta dal suo sguardo carezzevole e dalla sua vicinanza, Elisa venne quasi sopraffatta dalla vertigine. «Mio zio ci raggiungerà a momenti», dichiarò gettando una rapida occhiata al vestibolo.
   «Conosce già la ragione della mia visita?»
   «Gli ho accennato qualcosa durante il pranzo.»
   «Vi è parso favorevole?»
   «Il fatto che siate ricco e non abbiate mire sulla mia dote fa di voi il candidato perfetto alla la mia mano, dal suo punto di vista. Non è incline ai sentimentalismi, ma credo sia contento di sapere che ci amiamo.»
   La comparsa del barone sulla soglia indusse Nicola a ritrarsi da lei.
   «Sono lieto di vedervi, conte», disse Serpieri con un sorriso cordiale. Poi si rivolse alla nipote. « Elisa cara, vorresti essere così gentile da lasciarci soli qualche minuto? »
   «Certo, zio», rispose con un’aggraziata riverenza. «Col vostro permesso, Nicola.» Ricevuto un cenno dal giovane, si avviò alla porta e uscì.
   Che detestabile consuetudine, pensò rifugiandosi nell’adiacente salotto da musica, come se ciò che debbono dirsi non riguardasse anche me! Per non essere tentata di origliare, sedette al pianoforte e fece scorrere le dita sui tasti. Era da un po’ che non si esercitava, sospirò iniziando una sonata e abbandonandosi alla melodia.
   Le note, sebbene smorzate, vennero udite anche dai due uomini e il barone sorrise.
   «Elisa è al pianoforte», spiegò. «La musica è da sempre una delle sue grandi passioni, anche se da qualche tempo al vertice dei suoi interessi ci siete voi. Mi permettete di parlare liberamente?»
   «Prego, barone.»
   «La vostra dichiarazione alla vigilia della partenza per la guerra mi ha colto di sorpresa, lo confesso. Cos’è che vi ha spinto a decidervi?»
   «Il timore di perdere Elisa, signore. L’amo con tutto il cuore e non voglio che sposi qualcun altro mentre sarò lontano.»
   «Dunque pensate che la guerra durerà a lungo.»
   « Potrebbe», annuì Nicola. «E come tutti i conflitti potrebbe riservare delle incognite.»
   «E la vostra famiglia cosa come giudica la decisione di fidanzarvi?»
   «Mio padre, come sapete, è morto durante i moti del ’48 e sono vissuto sotto la tutela di mia madre e di tre zie da sposare finché ho raggiunto l’età per andare all’accademia militare. Conoscono i miei sentimenti per Elisa e li approvano. La notizia le ha rese felici.»
   «Voi mi piacete, Nicola. Fra tutti i corteggiatori di mia nipote siete il più serio e assennato. A mio parere possedete i requisiti necessari per essere un buon marito, tuttavia non vorrei che la vostra decisione fosse stata resa affrettata dall’imminente partenza.»
   «Al contrario, signore», sorrise il giovane. «Vi assicuro che è stata lungamente ponderata.»
   «Quindi ritenete che non vi saranno ripensamenti, in futuro.»
   «Assolutamente no, signore. Sarei pronto a sposare Elisa oggi stesso.»
   «Questo sì che sarebbe precipitoso», osservò il barone. «E ora vorrei sentire la vostra opinione riguardo alla guerra che ci accingiamo ad affrontare e che, come avete affermato poc’anzi, si prefigura lunga e dall’esito incerto. Molti ritengono che sia una follia sfidare l’Austria. Il Quadrilatero Austriaco formato da Mantova, Verona, Legnago e Peschiera presenta oggettive difficoltà a essere espugnato. Alcuni non si fidano dell’alleanza con la Francia. Come la giudicate voi, questa scelta di Cavour?»
   «Molto opportuna, barone. Il Piemonte, con le sue sole forze, non potrebbe affrontare un nemico ben organizzato e forte come l’esercito austriaco e sperare di vincere. Se Napoleone metterà in campo l’armata che ha promesso, faremo degli austriaci carne da macello.»
   «Allora siete sicuro che vinceremo.»
   «Non nutro alcun dubbio, al riguardo.»
   «Pertanto, suppongo che non avrete da eccepire neppure sulla decisione di affidare a ufficiali non piemontesi il comando di alcune divisioni. Siete al corrente che la vecchia guardia sabauda lo giudica offensivo?»
   «Sì, barone. Tuttavia ciò si è reso necessario per affermare il carattere “italiano” della guerra. Combatteremo per creare una nazione e ciò deve essere chiaro a tutti. Gli ufficiali di cui parlate sono esperti e la guardia sabauda dovrebbe sentirsi onorata di battersi al loro fianco.»
   «Personalmente non approvo i maneggi di Cavour, malgrado la stima e il rispetto che nutro per lui. Sono dell’opinione che avremmo potuto raggiungere un accettabile accordo con l’Austria se solo ci si fosse presi il disturbo di avviare un negoziato.»
   «Un accordo non sarebbe servito a cacciare gli austriaci dal nostro Paese, signore. La diplomazia ha fallito ed è ora di lasciar parlare le armi.»
   «Siete un autentico patriota, conte, e non posso che congratularmi per la vostra dedizione alla causa della libertà. Consentitemi di dirvi, però, che potremmo andare incontro a un’altra cocente delusione.»
   «Questa volta non si tratta di un attacco mal diretto e disorganizzato come avvenne dieci anni fa. Oggi abbiamo il sostegno della Francia e dell’intera penisola, più l’apporto del generale Garibaldi e dei suoi fucilieri delle Alpi.»
   «Il vostro ardore combattivo è ammirevole», sorrise il barone. «La vostra famiglia sarà fiera di voi.»
   «I San Severo servono sotto lo stendardo sabaudo da secoli e si sono sempre fatti onore. Cercherò di esserne degno.»
   Serpieri sorrise. «Lo sarete certamente», assentì. «E io sono felice e onorato di accordarvi la mano di mia nipote. Purtroppo le circostanze non consentono di dare l’annuncio ufficiale del vostro fidanzamento, ma lo faremo a tempo debito.»
   «Sì, signore», sorrise il giovane. «Grazie, signore.»
   Il barone si alzò per suonare il campanello e pochi istanti dopo si presentò il maggiordomo.
   «Potete servire il tè, Orazio. E, già che ci siete, avvertite la signorina Elisa che può smettere di tormentare il pianoforte e raggiungerci.»
   Uscito il maggiordomo, il barone si rivolse al giovane. «Che ne dite di trattenervi a cena?»
   «Sarà un piacere, signore.»
   «Benissimo. Sono certo che anche mia nipote sarà contenta.»
   «Di cosa dovrei essere contenta, zio?» chiese Elisa dalla soglia.
   «Ah, eccoti qua, cara.» Serpieri tese la mano e lei si avvicinò. «Ho invitato il tuo fidanzato a cena. Stapperemo una bottiglia di spumante e brinderemo al vostro futuro.» Li guardò entrambi con affetto. «Che Dio vi benedica, figlioli», aggiunse.
   Quello che accadde quella sera, durante la cena e dopo, quando fu stappato lo spumante e
brindarono, a Elisa parve tutto un sogno e il senso d’irrealtà fu accentuato dalla consapevolezza che da lì a poco si sarebbero detti addio. Le sue mani erano gelide e nei suoi occhi luccicavano lacrime a stento trattenute, mentre Nicola parlava e la sua voce le giungeva smorzata, come provenisse da un’immensa distanza. Lo zio disse qualcosa e lei guardò le sue labbra muoversi senza comprendere ciò che diceva.
   «Elisa? Sei con noi, cara?»
   Si riprese e con uno sforzo sorrise. «Scusate, zio. Temo che lo spumante mi sia andato alla testa.» Posò il calice con mano tremante.
   «Confesso che sono un po’ stordito anch’io», minimizzò il barone.
   I rintocchi del pendolo echeggiarono nella sala, ricordando a Nicola che era tempo di accomiatarsi.
   «Purtroppo, adesso devo andare.»
   Salutò Serpieri, che non si dilungò in troppi convenevoli e, dopo avergli augurato buona fortuna, esortò Elisa ad accompagnarlo.
   Aveva smesso di piovere, ma l’aria era piuttosto fresca e umida, perciò i due giovani si trattennero nella loggia che si affacciava sul giardino. Elisa rabbrividì malgrado lo scialle di lana e rimase in silenzio, perché non era sicura di riuscire a trattenere le lacrime. Nicola l’abbracciò e lei, travolta dall’intensità dei propri sentimenti, gli si aggrappò per trarre da lui la forza di sopportare quel distacco straziante.
   «Non partire!» proruppe infine con voce incrinata.
   «Amore, sai che non posso. Sono un ufficiale e devo fare il mio dovere», rispose, pur con la morte nel cuore. La baciò con passione, mozzandole il respiro. «Non mi dimenticare», le alitò sulle labbra.
   « Penserò a te ogni interminabile giorno. Conterò ogni minuto, ogni ora… Oh, ti amo così tanto!»
   La carrozza lo aspettava e Nicola non poteva attardarsi ancora, benché lo desiderasse. Le diede un ultimo bacio e si sciolse dall’abbraccio per raggiungere il veicolo e salire. Dal finestrino le fece un cenno e poi il cocchiere incitò i cavalli, che partirono al trotto.
   Elisa guardò la carrozza allontanarsi sul viale poi, ormai accecata dalle lacrime, raccolse la gonna e si precipitò in casa.



Due anni dopo…

«Hai deciso quale costume indosserai per il ballo in maschera a Palazzo Mazzetti?» chiese Letizia.
   «No, perché non intenzione di venire», replicò Elisa.
   «Suvvia, tesoro, non puoi isolarti dal mondo per il resto della tua vita! Sono passati mesi da quando tu e Nicola avete rotto il fidanzamento e da allora hai fatto l’eremita, rifiutando ogni invito. Niente balli, opera, battute di caccia… manca solo che ti faccia monaca e il quadro è completo!»
   «Ti rammento che è stato Nicola a rompere il fidanzamento», precisò Elisa con acredine. «Conservo ancora la lettera nella quale mi comunica la sua decisione. Poche righe stringate e raggelanti. Non una parola di rimpianto, di spiegazione, di scusa… Solo un freddo e distaccato annuncio. Mi ha trattato come se fossi un’estranea.»
   «Un motivo in più per dimenticarlo. Chiudi col passato e guarda avanti. So che sei delusa e ferita, ma seguitare a tormentarti non cambierà le cose.»
   «Mi ha spezzato il cuore, Letizia», sospirò Elisa. «Sai, quando sono andata a cercarlo si è persino fatto negare. Ha rifiutato di vedermi, capisci?»
   «Ti sei recata a Palazzo San Severo?»
   «Certo, e avevo la sua lettera con me. Volevo affrontarlo, costringerlo a dirmi in faccia che non intendeva mantenere la sua promessa, che mi aveva mentito nel farmi credere d’amarmi… Ma si è comportato da vigliacco!»
   «Ascolta, un uomo che si è guadagnato sul campo una medaglia al valore non può essere giudicato un vile solo perché gli è mancato il coraggio di vederti. In fondo deve sentirsi in colpa per averti fatto del male.»
   «Oh, la medaglia, certo. Questo spiega tutto. L’eroe circonfuso di gloria non mi ha più considerata degna di diventare sua moglie!»
   «Sei davvero furiosa, mia cara.»
   «Perché tu non lo saresti, al mio posto?»
   «Probabilmente sì», ammise Letizia. «Però non mi comporterei come te. Posso darti un consiglio da amica?»
   «Ti ascolto.»
   «Accetta l’invito al ballo, invece di crogiolarti nel tuo dolore. Indossa un costume favoloso che faccia girare la testa a tutti gli scapoli di Torino e fagli vedere che di lui non ti importa più niente… Oppure cerca di sedurlo.»
   Elisa affilò lo sguardo. «Mi stai dicendo che Nicola sarà al ballo?»
   «Proprio così, tesoro. Violante in persona me lo ha confermato.»
   «Allora ci sarò anch’io. Oggi stesso andrò all’atelier di Madame Rosette per ordinarle il costume. Voglio essere sfavillante!»
   «Così mi piaci», approvò Letizia. «Combattiva e determinata, adesso ti riconosco.»

Palazzo Mazzetti di Rossana, 14 febbraio 1861.

L’abito che la sartoria più celebre di Torino aveva creato per lei era una nuvola di mussola color acquamarina, quasi trasparente e molto scollato, con la vita segnata alta da un nastro di raso che sottolineava i seni esuberanti, fatto apposta per disegnarsi sulla figura e metterne in risalto le curve armoniose. Era accompagnato da un mantello di velluto verde sottobosco e da lunghi guanti di seta color crema, scarpine in tinta e calze color carne. I capelli raccolti alla sommità del capo ricadevano in riccioli lucenti e sulla fronte portava un piccolo diadema di brillanti appartenuto a sua madre. Alle orecchie preziosi pendenti di perle e brillanti.
   Quando era apparsa in cima allo scalone suo zio era rimasto folgorato dalla sua bellezza e anche un po’ scandalizzato dall’audacia del costume, ma la gioia di vederla di nuovo sorridere aveva preso il sopravvento e si era mostrato orgoglioso di farle da cavaliere.
   Solo mentre la carrozza attraversava le vie della città ancora innevate le espresse il proprio timore che potesse prendere freddo.
   «State tranquillo, zio, non mi ammalerò», lo rassicurò Elisa con un sorriso.
   «Sono contento della tua decisione di partecipare al ballo. Ci sarà tutta la Torino che conta, questa sera, e pare che anche il Principe di Piemonte ci onorerà della sua presenza. Una serata importante che si inserisce nelle celebrazioni per l’unità d’Italia.»
   «Un’occasione davvero speciale», osservò la giovane.
   «Puoi ben dirlo, cara.» Si protese a sfiorarle la mano. «E io sarò l’uomo più invidiato della festa.»
   «Vi voglio bene, zio. Siete stato paziente in modo ammirevole nei mesi passati, sopportando il mio malumore e le mie bizze. Davvero non so come ci siate riuscito.»
   «Non parliamone più, d’accordo? La miglior ricompensa, per me, è vederti di nuovo felice.»
   Elisa si limitò ad annuire, pensando che felice non sarebbe mai più stata senza Nicola, ma il ballo in maschera avrebbe rappresentato una svolta, segnando la chiusura definitiva col passato e aprendo nuovi orizzonti tutti da esplorare.
   Violante Mazzetti, splendente in un abito rinascimentale blu pavone e con una maschera adorna di piume d’aigrette, accoglieva gli ospiti ai piedi dello scalone d’onore fastosamente illuminato e decorato di bandiere con lo stemma sabaudo e tricolori. Domestici in livrea di gala erano ai lati della porta spalancata dalla quale affluivano gli invitati tutti rigorosamente in costume e col viso coperto da maschere. Più sobrie quelle degli uomini, spesso stravaganti quelle delle signore e signorine. Gioielli, piumaggi, abiti sontuosi ispirati a quasi ogni periodo storico, qualche mantello nero di foggia veneziana, ma erano i colori ad avere il predominio.
   All’apparire di Elisa al braccio dello zio, Violante sorrise e le riservò un abbraccio.
   «Mia cara, sono veramente felice di rivederti. Ma lascia che ti guardi… Sei un incanto! Barone, state attento o qualche giovanotto ve la ruberà sotto gli occhi!»
   Elisa mormorò un ringraziamento e al fianco dello zio si accodò ai gruppi che salivano. C’era un brusio sommesso nell’aria, mescolato agli accordi dell’orchestra, e lo sfavillio delle luci era quasi abbagliante.
   Tutta l’élite di Torino si era data convegno a Palazzo Mazzetti per celebrare il Carnevale e festeggiare un evento senza precedenti: la nascita della nazione italiana. Non senza controversie, ma nella convinzione che pur avendo ancora molta strada da fare il percorso era tracciato e che l’unità a cui avevano aspirato tanti, se non tutti, almeno nominalmente era stata realizzata. Che il sogno era diventato realtà.
   Si respirava nell’atmosfera gioiosa lo spirito patriottico che traghettava l’Italia in una nuova Era e che la poneva al centro dell’Europa, collocandola fra le grandi potenze; non più sottomessa e soggiogata, ma in posizione preminente.
   Mentre attraversava i saloni affollati, Elisa percepì con intensità il sentimento d’unione che pervadeva i presenti. Anche dietro le maschere che rendevano difficile identificarne i volti si indovinava la consapevolezza del cambiamento.
   «E’ tutto così eccitante!» esclamò guardandosi attorno estasiata. Poi Letizia le andò incontro al braccio di Armando Diaz, col quale si era da poco fidanzata, e dopo uno scambio di convenevoli le due amiche lasciarono i rispettivi accompagnatori per scambiare qualche parola da sole.
   «Sei al centro dell’attenzione, mia cara», sussurrò Letizia. «Questo costume è quasi scandaloso, ma ti sta a meraviglia.» Ridacchiò dietro il ventaglio. «Guardali, ti si divorano con gli occhi. Ballerai tutta la notte, ci scommetto.»
   «Anche il tuo costume è bellissimo. Il rosso fiamma ti dona.»
   «Armando lo trovava sconveniente, finché non ha visto il tuo!»
   Furono raggiunte da altre amiche, ansiose di salutare Elisa, e si formò un gruppetto allegro e pettegolo. Fra le chiacchiere e qualche coppa di spumante, venne l’ora di accedere al buffet e le ragazze sciamarono tutte insieme nel salone dove era stato allestito.
   Qualcuno mise in mano a Elisa un piattino di tartine e lei si accorse in quel momento di essere rimasta isolata dalle altre. Il buffet si stava riempiendo, ma anche in mezzo alla confusione riconobbe Nicola. Indossava un ampio mantello nero e un’impersonale maschera veneziana, ma era inconfondibile e il suo cuore cominciò a sfarfallare.
   Anche lui la notò. Attraverso le fessure della maschera bianca i suoi occhi si posarono su Elisa con intensità bruciante. Li sentì scorrere sulla pelle, scivolarle addosso e soffermarsi sulla generosa scollatura. Lo ricambiò con aria di sfida, poi gli andò incontro disinvolta e sorridente.
   «Gradite una tartina al salmone, conte?» chiese offrendogli il piattino.
   «No, grazie», le rispose in tono neutro.
   «Peccato. Sono davvero deliziose.»
   «Non ne dubito, ma temo di non avere appetito. Ora, col vostro permesso… »
   «Spiacente, ma non avete il mio permesso», dichiarò Elisa, approfittando del passaggio di un cameriere per restituire le tartine. «Dobbiamo parlare», aggiunse.
   «Non abbiamo niente da dirci.»
   «Invece sì. Volete che faccia una scenata davanti a tutti?» sibilò, consapevole dell’attenzione dei presenti.
   «Buon Dio, Elisa, cosa vi prende?» replicò afferrandola per un braccio e traendola in disparte.
   «Voglio delle spiegazioni. Ho il diritto di conoscere la verità», affermò ostinata.
   «D’accordo», sospirò lui. «Dietro quelle specchiere c’è un salottino. Aspettatemi lì. Vi raggiungerò fra un momento.»
   «Non avrete la possibilità di defilarvi. Non questa volta», ribatté indicando la porta dissimulata dagli specchi.
   Esasperato ma ormai certo di non avere scelta, Nicola entrò con lei nel salottino intimo e accogliente, generalmente adibito a incontri galanti e clandestini.
   In piedi l’uno di fronte all’altro si misurarono, in un silenzio glaciale, come lottatori prima di uno scontro.
   «Siate gentile, togliete la maschera», lo invitò Elisa.
   «Solo se voi farete altrettanto.»
   Lei sciolse i nastri di seta che trattenevano la maschera, poi la gettò su un canapè. Nicola spostò la larva bianca indietro sul capo, rivelando il volto solcato da una cicatrice, e sentì distintamente l’esclamazione soffocata di Elisa.
   «Orribile vero? E’ stata la sciabola di un austriaco.»
   «Oh, Nicola!» gemette Elisa, assalita da un improvviso rimorso.
   Lui sorrise e la cicatrice gli alterò i lineamenti. «Volevate la verità? Ebbene, adesso la conoscerete tutta.» Sollevò il mantello sulla spalla destra, mostrando il braccio inerte. «L’austriaco non mi ha solo deturpato la faccia, ma ha leso i legamenti e i muscoli, togliendomi l’uso dell’arto. Mi considero fortunato, perché una ferita del genere mi sarebbe potuta costare l’amputazione. Invece mi ha reso soltanto invalido.» Il suo sguardo traboccava di amarezza e dolore. «Siete soddisfatta?»
   «Per questo avete rotto il fidanzamento?»
   «L’uomo di cui vi siete innamorata non esiste più. Sarebbe stato egoistico da parte mia costringervi a sposare il relitto umano che sono diventato. Non avrei potuto sopportare la vostra pietà.»
   «Così mi avete messa da parte senza curarvi di ferire i miei sentimenti. Mi avete liquidata come una serva o una donnaccia solo per preservare il vostro stupido orgoglio maschile. Questo sì che è stato egoistico, oltre che idiota. Dovete avere una ben misera opinione di me per pensare che il mio amore fosse tanto superficiale e futile. Che vi avrei amato di meno o addirittura avrei smesso di amarvi solo perché adesso vi credete poco attraente! Come avete osato?» Era talmente furiosa che si lanciò su di lui per tempestargli di pugni il petto finché la sua mano non le imprigionò i polsi. «Siete un mostro senza cuore. Un vanesio, un… »
   «Non vi fa orrore la mia faccia sfigurata?» le chiese interrompendo il profluvio di parole.
   Elisa affondò gli occhi in quelli di lui, oscuri come pozzi d’ossidiana. «No, e se mi liberate ve lo dimostro.» La lasciò e le mani salirono ad accarezzargli il viso, sfiorando piano la cicatrice. «Vi fa male?» sussurrò.
   «No, ora non più. Mi procura soltanto un leggero fastidio.» Le dita seguirono la linea della mascella e accarezzarono le labbra, poi il mento e il collo fino a raggiungere la spalla lesa e scendere lungo il braccio per intrecciarle alle sue.
   «Puoi sentire il mio tocco?»
   «Non è del tutto insensibile», rispose Nicola con un lieve tremito.
   «Bene. Puoi respirare, parlare, hai ancora un braccio sano col quale stringermi… Labbra con cui baciarmi. Non vuoi farlo, amore?»
   «Elisa, io… »
   «Baciami, Nicola. Se mi ami come io ti amo, baciami.»
   I sentimenti troppo a lungo repressi presero il sopravvento e con un gemito di resa le catturò la bocca in un bacio appassionato, interminabile e travolgente.
   Quando si separarono avevano entrambi gli occhi lucidi d’emozione.
   Elisa gli prese la mano inferma e se la posò sulla guancia, assaporandone il ruvido contatto. «Io guarirò tutte le tue ferite, Nicola. Quelle del corpo e quelle dell’anima.»
   «Lo so. Perdonami se ho dubitato del tuo amore.»
   «Vieni, andiamo dallo zio a dargli la bella notizia.» Gli abbassò la maschera sul viso, ma lui la tolse.
   «Non ne ho più bisogno, adesso. Lascerò che tutti vedano la mia cicatrice e ne sarò fiero.» Le offrì il braccio. «Sono pronto ad affrontare il mondo intero con te al mio fianco.»







L'autrice

Alexandra J. Forrest è lo pseudonimo di Angela Pesce Fassio, nata ad Asti, dove risiede ormai da parecchi anni dopo un lungo periodo vissuto nella residenza di campagna. Ricercatrice storica, cultrice di Filosofie Orientali, ama leggere ogni genere di narrativa, ma anche saggi di Storia. Dipinge, disegna e apprezza la buona musica. È un’autrice versatile e prolifica, come dimostra la serie di romanzi d’ambientazione e di genere diverso che ha scritto nel corso della sua lunga carriera. Spazia dalla Fantascienza al Fantasy, dal romanzo storico al Romance, per approdare al thriller a tema storico-religioso. Mistero, avventura, amore, sono i suoi soggetti preferiti.
Come Alexandra J. Forrest ha firmato una notevole serie di Romanzi Rosa, editi in parte dalla Editrice Nord nella Collana Romantica, i più recenti da Harlequin Mondadori.
Con lo pseudonimo di Emma Seymour ha pubblicato nel 2008, ancora per l’Editrice Nord (Gruppo Longanesi) il romanzo: La Croce di Bisanzio, i cui diritti sono stati acquistati, per la Germania, da Blanvalet.
L’autrice, benché abbia intenzione di scrivere ancora Romance e continuare la proficua collaborazione con Harlequin Mondadori, ha molti progetti per il futuro, fra cui un romanzo per ragazzi.
  



Visita il sito dell'autrice:






Ti è piaciuto il racconto di Alexandra J. Forrest? 

Lascia qui un tuo commento per farci sapere cosa ne pensi!




Potete trovare qui i racconti di "Amore fra le righe 2013"




6 commenti:

  1. racconto piacevole e ben scritto. in aluni punti l'ho trovato un pò prolisso ed ho perso x un attimo lo scorrere della storia, che non è proprio originalissima. d'altro canto credo che ormai sia stato scritto tutto ed il contrario di tutto, (e questa è solo la mia personale opinione). ad ogni modo una lettura che non delude e che fa bene al cuore di chi, come me, ama l'happy-ending a tutti i costi! :)

    RispondiElimina
  2. Ho trovato questo racconto bellissimo, al punto che da quando Angela me l'ha consegnato l'ho letto più volte...l'ultima proprio oggi!
    Amo gli storici, amo gli uomini distrutti nel corpo e nell'anima, e amo le eroine forti e irriverenti. Grazie per questo racconto delicato ed evocativo, che ripercorre attraverso i protagonisti un periodo intenso della nostra storia di cui sono contenta hai accennato nei discorsi di Nicola e di Serpieri.
    Bellissimo!

    RispondiElimina
  3. Davvero un bel racconto! Sarà l'ambientazione torinese a me tanto cara, sarà l'amore che trionfa, ma questa storia mi è proprio piaciuta!

    Complimenti!

    RispondiElimina
  4. Anch'io adoro gli uomini problematici e feriti nel corpo e nell'anima e il protagonista di qs bellissimo racconto nn fa eccezione, anzi mi piace di più con le sue ferite, lo rendono più intrigante. Finale commovente.

    RispondiElimina
  5. Adoro i romance storici e questo non fa eccezione.
    Amo l'ambientazione, i vestiti, i modi cortesi ma soprattutto adoro la passione che nasce e cresce in una giovane coppia costretta dagli usi e costumi dell'epoca.
    Forse la storia non sarà originalissima, ma di certo è sviluppata in modo impeccabile e costruita, anche a livello storico, per far appassionare il lettore.
    Veramente molto bello!

    RispondiElimina
  6. Da brava ragazza romantica quale sono, soffro della cosiddetta "sindrome della crocerossina"!
    E quindi, come voi, ADORO i protagonisti feriti nel corpo e nello spirito: Nicola ♥♥

    Bellissimo racconto! Complimenti!!!

    RispondiElimina

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse.
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, è sufficiente comunicarlo via e-mail e saranno immediatamente rimosse - See more at: http://www.comenonpagare.com/condizioni-duso/#sthash.Y3EQJmde.dpuf
I contenuti e le immagini sono stati utilizzati senza scopo di lucro ai soli fini divulgativi ed appartengono ai loro proprietari. Pertanto la loro pubblicazione totale o parziale non intende violare alcun copyright e non avviene a scopo di lucro.
L'autore non ha alcuna responsabilità per quanto riguarda i siti ai quali è possibile accedere tramite i collegamenti posti all'interno del sito stesso, forniti come semplice servizio agli utenti della rete. Il fatto che il blog fornisca questi collegamenti non implica l'approvazione dei siti stessi, sulla cui qualità, contenuti e grafica è declinata ogni responsabilità.
L'autore del sito non ha alcuna responsabilità per le segnalazioni riportate nei commenti e per i loro contenuti. Ciascun commento o post inserito vincola l'autore dello stesso ad ogni eventuale responsabilità civile e penale.