"CORTE NERA" di Tina Cacciaglia, Paolo D'Amato, Rocco Papa e Piera Carlomagno.

Salerno si tinge di giallo.

Un viaggio nel mistero e nei delitti che nel corso dei secoli hanno insanguinato il cuore del Centro Storico di Salerno.




Genere: Giallo - Noir
Editore: Runa
Pagine: 238
Prezzo: € 14,00
Uscita: 19 Giugno 2014



Sinossi:
Larghetto San Pietro a Corte, nel cuore del centro storico di Salerno, è un luogo misterioso e affascinante in cui sono stati scoperti tutti i vari strati della storia della città, fino alle fasi di vita più antiche, sette metri sottoterra. Gli autori della raccolta di racconti “Corte nera” hanno ambientato qui le loro storie, all’ombra dell’unico ambiente superstite del mirabile palazzo fatto edificare dal principe Arechi II, all’indomani della caduta del regno longobardo d’Italia nelle mani dei franchi di Carlo Magno.
Quattro autori, quattro storie, un’unica Corte: uno degli angoli più noir di Salerno!
Quattro gialli che attraversano i secoli. Con “Gemma” di Tina Cacciaglia siamo ell’anno 785, dove un mistero si cela nelle penombre dei conventi e delle mura, nel pieno della Salerno Longobarda. 1860, “Trista Provincia ribelle” è il titolo del racconto con cui Paolo D’Amato fa rivivere i giorni dell’unificazione d’Italia e dell’arrivo di Garibaldi in città proprio mentre si cerca di tenere nell’oscurità il brutale omicidio di una giovane cameriera. Rocco Papa, con “Secondo natura”, ricorda l’operazione Avalanche del 1943, lo sbarco degli alleati e la fuga dei nazisti in una città deserta e semidistrutta, dove si dipanano passioni e delitti, con la certezza dell’impunità. Infine è il 1990 e lo storico palazzo Fruscione, parte dell’antica corte, ora di proprietà del Comune, è ancora abitato da famiglie. Il delitto raccontato da Piera Carlomagno, si consuma in una notte di “Plenilunio d’estate”.




Prefazione

Questa bella antologia si dipana come un nastro intessuto di emozioni, delitti, imprevedibili barlumi di umanità e osceni dirupi di perversione, attraverso i secoli.
L’abile penna degli autori intesse una trama rigorosa che interseca fatti storici e accadimenti puramente di fantasia, sempre però pienamente integrati nella realtà documentata dell’epoca.
Lo scenario è Salerno, e le storie narrano di odio, amore, passioni sempiterne, svolte attraverso la tela dei secoli. I fatti, se pur inventati, sono assolutamente verosimili e sfido il lettore più documentato a separare la realtà dalla fantasia, il dettaglio storico verificabile dal volo di immaginazione.
Due i fili conduttori di queste storie: il primo è la costruzione del personaggio principale che scaturisce prepotentemente dalle pagine come vittima predestinata delle passioni altrui o dei propri desideri. Una figura di donna tratteggiata con pennellate differenti ma ricollegabili, al di là degli anni e dei diversi autori.
Gemma, il racconto di Tina Cacciaglia, ci immerge nella vita complicata e pericolosa alla corte del Principe Arechi, nell’VIII secolo dopo Cristo, con le cupe vicende di una fanciulla guaritrice esperta di erbe, coinvolta in una storia più grande di lei. L’accuratezza storica è in questo come negli altri, un pregio ulteriore.
È Gemma la vittima sulla cui morte si indaga in Trista provincia ribelle, di Paolo D’Amato, ambientato nel 1860, quando Garibaldi entrò da trionfatore in Salerno. Le vicende storiche fanno da sfondo a un dramma contorto in cui gli abissi dell’animo umano sono svelati con abilità.
Di nuovo una donna che si chiama Gemma, e di nuovo una donna con oscuri poteri di guaritrice, stavolta negli anni convulsi della Seconda Guerra Mondiale in Secondo natura, il racconto di Rocco Papa. Una storia convulsa in cui odio e amore sono fusi in maniera inestricabile, narrata attraverso gli occhi di un uomo che vuole trovare, a ogni costo, la verità.
E infine, ancora una Gemma, nella Salerno del 1990, anch’essa tratteggiata con accuratezza, un’epoca vicina ai nostri giorni ma anche ormai irrimediabilmente diversa, in Plenilunio d’estate di Piera Carlomagno. È anche lei una ragazza particolare, travolta da un intrigo, dalle passioni e dalle complicazioni di persone adulte, i cui destini e i cui interessi investono come un fiume in piena la sua innocenza.
L’altro fil-rouge intessuto in queste pagine è l’arma del delitto, una sagitella, antico strumento utilizzato per praticare salassi, che compare di volta in volta, di secolo in secolo, tra le mani degli assassini.
Un destino comune, una trama di sangue che impregna il tessuto dei secoli, per una antologia tutta salernitana da gustare, assaporare, centellinare come un bicchiere di vino rosso invecchiato al punto giusto, alla ricerca di dettagli, curiosità, verità storiche e invenzioni ben congegnate sul passato della bella città di Salerno.
Diana Lama





La sagitella

Con il termine di sagitta o sagitella s’indicava lo strumento chirurgico di piccole dimensioni utilizzato sin dall’antichità per incidere la vena nella pratica del salasso. Era formato da un manico e da una piccola lama metallica lanceolata, da cui anche il termine di lanceola o di phlebotomum.
Con questa si pungeva la vena o si eseguiva un taglio perpendicolare sulla stessa. L’incisione poteva essere attuata dal lato della lesione e si parlava di metacentesi oppure dal lato opposto: antipasi. La procedura attraverso la quale si apriva la vena per far fuoriuscire una determinata quantità di sangue a scopo terapeutico era nota sin dai tempi d’Ippocrate (V sec.), intesa a evacuare gli umori alterati in caso di febbre o di malattia, materia peccans causa d’insorgenza dei processi morbosi.
Il salasso, condannato dal medico alessandrino Erasistrato (304-250 a.C. circa), fu apprezzato e avallato da Galeno (138-201), che per primo ne espose la tecnica e le indicazioni, la vena da aprire, la stagione, il giorno, l’ora e le condizioni astrali in cui eseguirlo. Sull’applicazione del salasso si distinse particolarmente la Scuola di Salerno, che ne perfezionò la dottrina e le regole per una maggiore efficacia, l’età, il temperamento, la sede dove applicarlo, la quantità di sangue da estrarre, la frequenza delle cavate. Come trattamento preventivo e curativo è descritto con dovizia di particolari nel Regimen Sanitatis e ancora nel poemetto De Phlebotomia di Giovanni Dell’Aquila, medico abruzzese vissuto intorno alla metà del XV secolo. 
La sede d’intervento con l’uso sapiente della sagitella era la piega del gomito e la vena scelta a volte la cefalica, ovvero la vena che risale esternamente lungo il braccio, oppure la basilica o cubitale, quella che ne costeggia il lato interno. Con pari frequenza era scelta anche la salvitella, la vena che corre sul dorso della mano.
La pratica del salasso è stata in auge fino al XIX secolo con veri e propri eccessi tra il XVII e il XVIII secolo, magistralmente castigati da Molière, per cadere infine in disuso negli ultimi cinquanta anni, gradualmente sostituita dal sanguisugio introdotto dal medico francese Broussais nella prima metà dell’800.
Giuseppe Lauriello
Medico e Storico della Scuola Medica Salernitana


Gli autori:
 Tina Cacciaglia Ã¨ nata a Napoli, svolge l’attività di Conciliatrice Professionista, ha pubblicato diversi articoli e racconti su giornali e riviste. Nel concorso nazionale Io Scrittore 2011 è risultata vincitrice con un romanzo giallo, pubblicato in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol nel 2012. Nel 2013 ha pubblicato un noir napoletano “Il sussurro di Vico Pensiero”
per Runa Editrice. Sempre con Runa Editrice, ha pubblicato nel 2013 il romanzo storico “La Signora della Marra”, segnalato per merito dalla Giuria del Premio Italo
Calvino.

 Paolo D’Amato Ã¨ nato a Salerno nel 1965, città dove vive e lavora nell’ufficio legale di una banca. Dopo la pubblicazione di alcuni racconti sulla rivista letteraria “Inchiostro”, esordisce nel 2008 con “Tempo” (vincitore del concorso nazionale “Tammorra d’Argento”, per la sezione narrativa, e finalista al Premio Editoria Indipendente di Qualità, curato da “Arcilettore”). Nel 2010 pubblica “Via delle Tofane e altre cronache”. Il suo ultimo lavoro, “Settimo” (Premio alla Cultura nell’ambito del “Premio Nazionale Giovanni Palatucci”), esce nel 2012. Tutti i libri sono stati pubblicati da “Cicorivolta Editore”.

 Rocco Papa Ã¨ nato a Salerno il 18 agosto del 1970. Sposato e con tre figli, lavora come giornalista per una società di produzioni TV. Nel 2006 per la Ennepilibri ha pubblicato il romanzo giallo “Il Sangue dei Primi”. Nel 2013 per Cicorivolta Edizioni è uscito il thriller “I giorni del male”. Nel 2013 per Fides Edizioni, la raccolta di racconti “Una Vigilia di Natale - racconti dalla memoria di un rigattiere”.

 Piera Carlomagno, giornalista professionista, scrive per Il Mattino di Napoli e cura la comunicazione per alcuni enti. Con CentoAutori ha pubblicato, nel 2012, il giallo “Le notti della macumba”, già finalista al Premio Tedeschi 2011 del Giallo Mondadori, e nel 2014 “L’anello debole”, la seconda indagine del commissario Baricco. Nel 2013 ha vinto il Terzo Premio Carlo Levi della Fondazione Giorgio Amendola di Torino con il racconto “L’elettore”. È presidente dell’associazione letteraria noir “Porto delle nebbie”. È laureata in Lingua e letteratura cinese e ha tradotto un’opera teatrale del Premio Nobel Gao Xingjian.





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