Amore fra le righe: "UN EMOZIONE AL CIOCCOLATO" di Catherine BC.

Un nuovo ed gustoso racconto per la rassegna "AMORE FRA LE RIGHE".

Catherine BC ci regala un dolce racconto in cui la nascita di una passione si fonde al sapore del cioccolato!


Un lampeggiare insistente ed azzurrognolo interrompe il mio dormiveglia. Apro con immenso sforzo le palpebre e guardo dritta davanti a me. Una miriade di goccioline sta scendendo lungo la superficie invitante del parabrezza e una patina di vapore mi protegge dall’esterno, coprendo tutto.
Dei colpi secchi al finestrino mi fanno sussultare. È un poliziotto, il padrone del lampeggiante azzurro alle mie spalle. I suoi lineamenti sembrano scolpiti nel ghiaccio e la sua espressione trasuda severità. Una miriade di gocce gli colpisce la visiera del cappello scendendo poi a bagnargli la divisa. Apro il vetro quel tanto da permettere al profumo dell’asfalto bagnato di entrare nell’abitacolo, mescolato ad un vago sentore di muschio, forse dovuto alla colonia usata dall’agente.
- Si sente bene?
- Sì, agente, ho solo avuto una nottata un po’ dura. Mi sono fermata perché mi sentivo sfinita.
La linea dura della sua bocca non si muove di un millimetro. Ha l’aria di chi sente storie simili in continuazione e i suoi occhi non tradiscono alcuna comprensione. I suoi modi sono comunque gentili e, dopo avermi fatto l’alcoltest  e preso i dati, mi lascia andare. Un brivido mi scende lungo la schiena mentre avvio la macchina guardando le prime luci dell’alba. Il cielo si sta aprendo e i nuvoloni scuri stanno lasciando il posto a sfumature rosate dal tono quasi primaverile e a squarci di timida luce. Sarebbe pure un inizio molto romantico per il giorno di San Valentino, ma non per me.
Daniel mi aveva appena mollato, dopo una nottata infinita a spiegarmi quanto speciale fossi e quanto non me lo meritassi. Il più classico dei cliché. L’originalità non era mai stata il suo forte in molti aspetti, fuori e dentro il letto. Neppure la puntualità, tranne che in quest’occasione. La precisione di lasciarmi la sera prima della festa degli innamorati aveva un che di svizzero e mefistofelico. D’altra parte non era mai stata nostra consuetudine santificare le feste di stampo consumistico, ma un po’ più di tatto e di delicatezza dopo quasi due anni insieme me li doveva. Non sarebbe cambiato nulla, ma non so perché il mio animo adolescenziale si era sentito doppiamente ferito.
Ho bisogno di darmi una svegliata e di ricaricarmi. Esco lentamente dalla statale e mi ritrovo in un quartiere tranquillo. All’angolo della strada principale spicca un’insegna che attira la mia attenzione: Chocolate Place. Un posto che sembra davvero dolce, caldo e invitante. Spero solo che possa essere già aperto alle prime luci dell’alba. Parcheggio e scendo stiracchiandomi con poca finezza, rincuorata dalle persiane ancora chiuse che mi fanno da pubblico ignaro. Mi avvicino al locale e rimango incantata dalla fila ordinata di vassoi pieni di prelibatezze e dall’armonia dei colori che si alternano facendone pregustare la dolcezza. Appoggio i palmi sul vetro come fossi di fronte al mio personale regno fatato. La tristezza e la tensione della notte appena trascorsa sono ancora lì, ma, invece che annegarle d’istinto nell’alcol, le voglio seppellire nello zucchero. Non gioverà di certo alla mia linea, ma al mio umore forse sì.
Sono ancora persa nei miei pensieri quando le luci del locale vengono offuscate da una figura imponente. Sussulto un po’ per la sorpresa e alzo lo sguardo incrociando due occhi profondi e dolci, del colore del miglior caramello biondo. L’espressione è resa allo stesso tempo gioiosa e curiosa da piccole rughe che vi compaiono attorno. Scivolo con lo sguardo sulla linea perfetta del naso, divago su quella virile della mascella per fermarmi su una bocca disegnata e decisa, aperta in un sorriso che sa di caldo benvenuto. Lo guardo togliere i cardini di sicurezza alla porta ed aprirla, spostandosi di lato.
- Vuole entrare?
La sua voce è bassa e l’invito sembra sussurrato. Entro in punta di piedi nel suo mondo e mi sento come se fossi stata proiettata in una dimensione alternativa. Tuttavia, non mi sfugge l’orario di apertura segnato sull’apposito cartello e allora tentenno, muovendomi da un piede all’altro.
- Vedo che è troppo presto…
Il suo viso s’illumina ulteriormente e il suo sorriso diventa pieno, mentre la sua testa declina un po’ all’indietro.
- Non si preoccupi. Sono qui che lavoro già da un po’.
Faccio un passo avanti e avverto palpabile la sua presenza alle mie spalle. Già così emana calore e giovialità e vorrei che potesse trasmettermela, anche solo per irradiazione. Mi supera indicandomi un tavolino vicino all’angolo del bancone. Da lì si vede il sole che, inesorabile, sorge anche su questo giorno, ma, allo stesso tempo, dà un riparo dal resto del locale. Il luogo perfetto per poter tessere un bozzolo di copertura, pur con la possibilità di sbirciare sulla brulicante vita che di lì a poco avrebbe riempito le strade e il locale stesso.
- Sta bene?
Muovo la testa con un rapido cenno, ma le mie occhiaie e il trucco sciolto non devono convincerlo molto.
- Posso sedermi?
- Non vorrei farle perdere ancora tempo. “Sicuro di volere entrare nel mio mondo uomo del cioccolato?
Sposta una sedia e ne prende possesso, allungando le gambe come fosse sul divano di casa. La formalità quasi intima di quel gesto mi colpisce. Il linguaggio del corpo non mente quasi mai. In lui non c’è sospetto o pregiudizio, ma empatia, apertura, possibilità. La sua voce mi accarezza  dolce  e pacata.
- Non è stata una bella serata, vero?
Un sorriso tirato quanto ironico forza le mie labbra.
- Di certo non come l’avevo immaginata.
- Le posso offrire qualcosa?
Sfioro con il dito il bordo del menù e rialzo gli occhi su di lui. Ha la testa piegata di lato e l’espressione tranquilla, come quando si approccia un cucciolo.
- Che cosa mi consiglia…
- Matt.
- Bellissimo nome! Io sono Catherine.
Lo vedo trasalire e spalancare gli occhi in un gesto di genuina sorpresa. Forse gli ricordo qualcuno.
- Anche il tuo è molto bello. Dà personalità.
- Ti dirò la verità. Non mi piace.
Mi rendo conto di essere passata dalla convenzionalità ad un tono più amichevole. Mi è venuto così naturale che il tutto non è stato vagliato da alcun filtro razionale. È merito di Matt, che ha già fatto breccia nel mio bozzolo di volontario dolore, facendolo defluire altrove, non dandogli nemmeno il tempo di attecchirmi l’anima più di quanto avesse già fatto. Il suo sorriso non perde spontaneità e nei suoi occhi non passa alcuna ombra di commiserazione.
- Fai male. È accattivante. Non ho ancora fatto colazione come si deve, mi faresti compagnia?
Il suo repentino cambio di direzione mi spiazza. Quest’uomo non va dritto al dunque, non si avvicina alle altre persone con sottili stratagemmi, ma butta il cuore oltre l’ostacolo e si offre rifulgendo di spontaneità.
- Volentieri.
Gli sono già grata per permettermi di credere di non essere io quella bisognosa di conforto, ma che così facendo, possa davvero fargli un favore, quando mi meraviglia ancora una volta.
- Ti fidi di me?
Mi trovo a fissarlo davvero confusa. È genuino, vero e si sta pericolosamente infiltrando nelle crepe del mio bozzolo. È logico che si stia riferendo alla scelta dal menù, ma il modo in cui lo dice, il suo atteggiamento, il suo protendersi fisicamente verso di me mi destabilizza. Annuisco ancora una volta, maledicendomi mentalmente per non essere capace di sprizzare più esuberanza e affabilità, mentre lo guardo eclissarsi dietro al bancone.
Intanto fuori la giornata inizia a prendere il consueto ritmo. Vedo ogni persona calarsi nel ruolo consueto, guardandosi dentro e proteggendosi il cuore col cappotto. Già, bisognerebbe chiuderlo a doppia mandata, altro che coprirlo di stoffa! Le mie elucubrazioni mentali, tuttavia, evaporano quando qualcosa di deliziosamente invitante mi viene messo sotto il naso.
- È un caffè lungo e forte, aromatizzato al cioccolato fondente, energizzato con lo zucchero di canna e dolcificato con la panna.
- Sembra meraviglioso.
- Lo è. Qui ci sono anche dei muffin ai mirtilli. Hai l’aria di una persona che non mangia da un po’.
- Ho lo stomaco chiuso.
Riprende la sua posizione davanti a me e così noto la targhetta col suo nome posta su un gilet grigio fumo gessato che ha indossato sopra la t-shirt. Sospira e scuote leggermente la testa guardando l’infinito oltre la vetrata, come non sapesse come iniziare il discorso. Poi mi allunga un piccolo vassoio dorato su cui son posati degli invitanti cioccolatini.
- Sai, il mio lavoro è particolare e creativo. Mi dà modo di spaziare con la fantasia, creando dolci e praline con un’anima. Quando do vita a qualcosa di nuovo penso spesso ad una persona particolare e la mia creatura acquisisce personalità e corpo. Questo cioccolatino fino ad oggi era anonimo. Non riuscivo ad infondergli una struttura, a dargli una collocazione nella svariata gamma delle immagini e dei gusti, che si confonde spesso con quella dei sentimenti. Ci stavo pensando anche stamattina, quando sei arrivata tu. Non so perché ho pensato che foste in sintonia.
Indica ancora vassoio con un timido sorriso.
- Assaggiane uno. Sono curioso di sapere che ne pensi.
Mi sorprende la profondità che trovo nei suoi occhi. Matt ama il suo lavoro, ma non è autoreferente. Cerca il confronto, un consiglio, un apporto esterno anche su qualcosa che gli sta a cuore. La sua generosità traspare limpida da gesti di questo genere, almeno è cristallina per me. Ci parliamo da pochi minuti e sento già il calore di un’amicizia datata. Deve essere lui, il suo modo di porsi, di dialogare a carte scoperte che fa davvero credere che al mondo non esista solo l’egoismo gretto e l’opportunismo più avido. Matt ispira fiducia e la sua innegabile avvenenza è una gioia per gli occhi. I capelli corvini fanno risaltare un viso dalle linee virili e dalla carnagione scura. Gli occhi gli donano luce e la bocca, carnosa e sensuale, focalizza inevitabilmente l’attenzione di chi lo guarda. Dà, comunque, l’impressione di esser bello dentro quanto lo è fuori.
Prendo la pralina tra le mani e ne sento già il profumo invitante. La assaggio con cautela, godendomi il succoso ripieno e sentendo sciogliere i vari strati di cioccolato che le danno corpo. Riapro gli occhi su un retrogusto fresco e liquido che mi invade piacevolmente il palato.
- È buonissimo.
- Cosa ti ha colpito?
- La fragola, fresca e dissetante. Ma la forza sta nell’insieme. Penso sia così per ogni pralina.
- Così sei tu, o almeno io ti vedo in questo modo.
Un calore profondo si diffonde nel mio corpo, fino a concentrarsi sulle mie guance. Credo di essere arrossita e non posso nemmeno imputarlo a qualcosa che ho ingerito, dato che il cioccolatino non conteneva liquore.
- Non ti seguo, Matt.
- Sei semplice, come un ingrediente fresco. Onesta, quello che la gente vede è quello che avrà da te. Solo che, come ogni frutto, hai bisogno di dedizione e di dolcezza per esaltare la tua essenza. Se non lo si fa con maestria, in modo attento e delicato, si rovina l’anima e gli strati corposi e sovrapposti di goloso cioccolato sono inutili. Quando qualcosa ci ferisce arrivando dritto al nostro cuore, tutto il resto viene a cadere: barriere, gusci, muri, angoli in cui nascondersi non servono.
I miei occhi sono velati di lacrime. Nessuno mi aveva mai parlato in questo modo, con delicatezza, ma anche con determinazione e sincerità esposta. Comincio a fregarmi le mani con gesti sempre più nervosi. Non voglio muoverlo a pietà, anche se nei suoi occhi leggo soltanto un sentimento schietto. Inaspettatamente una sua mano copre le mie, mentre tento di non far uscire le lacrime che pungono.
- Sono così un libro aperto?
- Non è una cosa negativa.
- Sono stata mollata…
- L’avevo intuito.
La sua mano non accenna a lasciare la presa e il calore che emana sembra davvero sciogliermi.
- Le cose non andavano bene da un po’, comunque. L’avevo capito, ma rimandavo, nascondevo, relegavo in angoli della mente, magari pensando che le cose si sarebbero potute sistemare. Che illusa!
- Questi sono i tuoi strati di cioccolato, dolci, come quello al latte, o strutturati, come quello fondente. Tutti inutili quando il cuore è compromesso. Spero non ti sia offesa per l’esempio che ti ho portato.
Stringo d’istinto la sua mano tra le mie e lo guardo dritto negli occhi.
- No, anzi. Nessuno mi aveva mai parlato in questo modo, inquadrando subito la situazione. Sei un po’ psicologo?
La sua risata cristallina riempie di tepore tutto il locale.
- No, questo tipo di consulenza non è compreso nel servizio. L’ho fatto solo per te.
- Empatia?
Arriccia le labbra e le fa schioccare.
- Non lo so, penso istinto. Cosa ne dici di scegliere un bel regalo per San Valentino?
Il suo cambiamento improvviso mi sorprende ancora una volta. È un zigzagare di emozioni stare con lui. Non fa mai quello che ci si aspetta. È contro ogni linearità, creativo per natura.
- Matt, davvero, non credo sia il caso.
- Non lo devi fare per qualcun altro. Lo devi fare per te stessa. Fatti un regalo, anzi fa che questo sia il primo di una lunga serie. Vai a fare shopping, comprati dell’intimo nuovo, passa il resto della giornata in una beauty farm. Devi amarti, tutto il resto viene dopo.
Lo guardo inebetita. Davvero Matt e Daniel condividono lo stesso genere? Perché io non ho mai incontrato uno così?
Mi guardo furtivamente attorno, quasi aspettandomi di veder comparire Bianconiglio o il Cappellaio Matto, tanto Matt sembra fuggito da una favola al sapore di cioccolato.
 - Vieni.
Mi prende per mano ancora una volta, come fosse una cosa naturale, come se le mie dita trovassero il loro posto giocando all’incastro con le sue e mi accompagna in un angolo dove, confezionati ad arte, ci sono un sacco di idee per la giornata odierna: scatole a forma di cuore, targhe personalizzate, oggetti serigrafati con iniziali e date, tutto rigorosamente di cioccolato.
- Quale scegli?
Sorrido imbarazzata. Non voglio scegliere. Voglio soltanto prolungare il momento. Non mi sono mai sentita così, leggera e serena. Mi perdo nel sorriso di Matt e sento la sua mano stringere la mia con leggerezza per incitarmi. L’istinto mi guida e rispondo usando le sue parole.
- Mi fido di te.
Matt guadagna l’altra parte del bancone  e, con movimenti resi fluidi da molta pratica, confeziona qualcosa dandomi volutamente le spalle. Poco dopo deposita un elegante pacchetto rosso con un fiocco d’organza in tinta tra le mani.
- È tutto tuo.
- Grazie, ma davvero Matt vorrei pagare.
- È escluso.
- Almeno la consumazione.
- Ti ho invitata io ad entrare.
- Sei cocciuto.
- Oh sì, quello è vero. Magari la prossima volta te lo lascerò fare.
Inspiro con calma. Già immaginare una prossima volta con lui mi fa sentire più leggera. La dolcezza della situazione, tuttavia, dura poco. Inizio a pensare che questo sia un modo molto gentile per congedarmi. D’altra parte, son piombata qui due ore fa ed Matt ha davanti una lunga giornata di lavoro. Ha fatto già molto per una sconosciuta e l’ha fatto veramente con tenerezza. Gli sono immensamente grata, ma capisco che è ora di togliere il disturbo.
- Ok, alla prossima allora.
- Non devi andar via per forza.
Matt capta la mia insicurezza e la mia ansia di allontanarmi. Sono sempre stata così: non appena fiuto la possibilità di esser di peso, faccio un passo indietro e scappo, più veloce della mia ombra.
- L’hai detto tu. Sarà per la prossima volta.
- Ti accompagno.
- Davvero, non ce n’è bisogno.
- Io penso di sì. Ricordi la mia cocciutaggine?
Si materializza al mio fianco e cammina semplicemente con me fino alla macchina. Non chiede nulla e non invade il mio spazio. Sembra in attesa, mentre io sono praticamente in apnea.
- Eccoci qui.
Indico con un gesto distratto la macchina, che mi sembra di aver parcheggiato una vita fa. Matt scioglie la tensione con un favoloso sorriso, che sembra anticipare la primavera, e si avvicina sfiorandomi la guancia. Un brivido caldo mi coglie all’improvviso. Chiudo gli occhi e inspiro il suo profumo, che è dolce e fruttato, con un sentore di cannella. Il contatto dura troppo poco e, quando si stacca da me, avverto un vago senso di vuoto. Il suo alito fresco mi solletica e la sua voce mi accarezza l’orecchio.
- Chiamami.
Lo guardo tornare all’interno del locale con naturalezza, voltandosi solo per regalarmi un ultimo sorriso. Solo allora mi scuoto a sufficienza per aprire la macchina e partire. Continuo a ripensare alle parole di Matt e al suo invito a contattarlo. Certo, so dove trovarlo e il numero del Chocolate Place sarà sull’etichetta adesiva o sull’elenco, ma mi sembra così impersonale, non in linea con lo stile che ha tenuto con me. Matt si insinua come un tarlo nella mia mente, non riesco e non voglio sfuggirgli. Poi la mia attenzione si sposta sul pacchetto rosso nel sedile accanto a me. Mi fermo nella prima piazzola libera e lo apro con impazienza. In fondo non devo consegnarlo a nessuno. È per me, solo mio. Scopro una piccola struttura di legno, due minuscole rotaie parallele, in cui sono incastrati dei piccoli cubi di cioccolato bianco. Su ogni cubetto con del cioccolato fondente è scritto un numero. L’insieme mi dà una via diretta ed accessibile a Matt. Digito subito un messaggio e lo invio.
- “Grazie. Catherine”
Pochi secondi dopo il mio cellulare vibra.
- “Stavo contando i secondi.”
Mi lascio vincere da un largo sorriso, pensando il mio prossimo futuro sfumato nelle varie tonalità del cioccolato.


L'autrice:
Katy Policante (Catherine BC) nasce e vive in provincia di Verona. Compie un percorso di studio ampio e variegato per attitudini ed esigenze personali. È attratta dalla scrittura fin dall’adolescenza, quando un foglio bianco le richiamava la necessità di essere rivitalizzato da pensieri e poesie. Ha partecipato a contest e concorsi organizzati da riviste e siti letterari. Ha scritto diversi racconti e qualche poesia, una delle quali è stata pubblicata su un settimanale femminile. Nell’agosto del 2013 ha autopubblicato Il sapore del proibito, il suo romanzo d’esordio. Dal 12 dicembre 2013 un suo racconto natalizio è comparso tra le pagine dell’antologia Natale e dintorni edita dalla Alcheringa Edizioni. Nello stesso periodo un altro suo racconto, Un nuovo inizio, è stato inserito nell’antologia Halloween’s Novels, curata da Le passioni di Brully e pubblicata su Amazon. Nel gennaio del 2014, sempre da self publisher, presenta il racconto La sindrome di Stendhal. Nei primi mesi del 2014 un altro suo lavoro, L’amore sa di tappo, è stato scelto dalla Butterfly Edizioni per far parte di un’antologia che uscirà durante l’estate.


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1 commento:

  1. RACCONTO MOLTO FRESCO TI VERREBBE VOGLIA DI SAPERE COME SI EVOLVERA' L'INCONTRO TRA I DUE PROTAGONISTI.BELLO ELISABETTA

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