L'Angolo di Matesi: "AUTOBIOGRAFIA DI UNA LETTRICE ROSA - PARTE II"




Oggi Teresa Siciliano ci racconta le figure femminili che hanno dominato il romance storico negli ultimi decenni, dalle prime eroine Delly alle più recenti messe in scena da autrici italiane come Miriam Formenti e Ornella Albanese!

Quando ero ragazza, come spesso abbiamo ricordato, anche se sembrerà incredibile alle lettrici più giovani, il panorama rosa era ancora dominato da Delly, nonostante quei romanzi fossero usciti per lo più cinquant’anni prima almeno. All’epoca le cose procedevano ad un ritmo molto più lento di oggi!
Pertanto il protagonista maschile si identificava ancora con l’eroe del Decadentismo estetizzante: affascinante, spesso di famiglia nobile, cinico e donnaiolo, amava il lusso e soprattutto, sull’esempio di Des Esseintes, i profumi molto forti ed inebrianti, che facevano venire il mal di testa alle donne che lo circondavano, o addirittura le intossicavano fino alla morte. Era sempre autoritario ed egocentrico, spesso violento e crudele. Con lui si confrontava, e (indovinate!) finiva sempre per domarlo, una figura femminile che era esattamente il suo opposto: anche lei bellissima, manco a dirlo, casta e pura, a volte timida, a volte (e si trattava dei personaggi per me negli anni Sessanta più interessanti: non per niente appartengo alla battagliera generazione del Sessantotto) forte dei propri principi e, quindi, impossibile da piegare o tantomeno spezzare. I principi morali in questione erano ovviamente all’epoca quelli cattolici in senso rigorista: compassione e misericordia verso i poveri, i vecchi e in genere tutte le persone fisicamente deboli, senso del dovere e della giustizia anche nelle situazioni più difficili, fedeltà assoluta alle prescrizioni della chiesa, che risentiva ancora della battaglia contro la modernità, allora, e per molto tempo, combattuta dal papato. 
Per esempio, nell’Oratorio delle rose Paola, quando scopre che il suo fidanzato è divorziato da una moglie sposata solo civilmente, non solo rompe subito il loro legame, ma addirittura lo convince a riannodare i rapporti con lei e risposarla anche in chiesa. Fortuna che la moglie intrusa muore presto, consentendo ai due un lieto fine senza rimorsi. Stranamente (o forse non tanto stranamente) non mancano tracce di antisemitismo (ad esempio nel Candelabro del tempio) e soprattutto di spirito revanchista antiprussiano negli anni intorno alla prima guerra mondiale, in singolare contrasto con i romanzi della Werner, più o meno contemporanei. Del resto non si può sostenere che questo tipo di personaggio fosse sempre perfetto come Paola.
Per esempio Ourida, nella serie a lei dedicata, a volte si comportava da sciocca
ostinata: a causa di qualche infelice episodio precedente e della mancanza di esperienza, non riusciva ad individuare le potenzialità di redenzione e i valori di fondo del suo corteggiatore, cose come il senso dell’onore e il rispetto per le virtù di una fanciulla cattolica (all’inizio del novecento non si usava il termine ragazza). Questo creava una serie di fraintendimenti ed equivoci, destinati a risolversi solo nel finale, dopo molte sofferenze.
A questo punto vi sarete accorti che, nonostante gli enormi cambiamenti avvenuti nel mondo della letteratura femminile, le caratteristiche di fondo sono sempre le stesse.
Ad esempio un certo tipo di protagonista dice un sacco di bugie. In questo momento mi viene in mente Isabella per sempre della Formenti, che mente clamorosamente sulla sua identità. 
Non parliamo poi delle protagoniste della Putney, in Giostra di cuori  o Il dono del mare, oppure della Medeiros in Un bacio da ricordare, che dicono bugie grosse come una casa. Io soffro molto ogni volta: dal momento che personalmente non sono brava a dire bugie e non saprei mai giocare a poker, vivo nel timore di essere scoperta, dal momento che mi identifico totalmente nella protagonista.
Ma la cosa più fastidiosa per me sono le bugie inutili. Di esse sono pieni i rosa, soprattutto non recentissimi. Mi riesce difficile elencare i titoli, perché tendo a rimuoverli immediatamente.
Però potrei citare un bell’esemplare un po’ controcorrente: Il cacciatore di nuvole di Ornella Albanese, in cui Gemma, una ragazza davvero vanitosa al punto di essere insopportabile, si vanta di un fidanzamento inesistente. Quando l’autrice disse che il personaggio, comparso la prima volta nel Cacciatore di dote, sarebbe stato al centro del seguito, rimasi a dir poco perplessa. Ma naturalmente tutto si gioca sulle capacità della scrittrice, che, se è brava, può farci accettare qualunque cosa. Dire bugie è tipico dell’infanzia e della prima giovinezza: dipende dall’insicurezza e dalle difficoltà di rapporto col mondo. E difatti nello specifico la Albanese è riuscita magistralmente a guidare la sua Gemma verso l’età adulta. Ne è venuto fuori un romanzo eccellente. Magari qualche importanza per il raggiungimento dell’obiettivo può averla avuta anche Massimiliano (si noterà che l’orrore per il nome Baccio è stato la prima cosa che ho avuto in comune con Gemma).
Poi ci sono le protagoniste che, sull’onda della Eloisa di Delly, guidano il loro uomo sulla via del bene. Oppure si contrappongono per idee e carattere all’eroe della storia. Non sempre io gradisco il personaggio. Per esempio quando ho letto Inganni e peccati della Enoch, conclusione della saga Griffin, non posso descrivere adeguatamente la mia indignazione di fronte alla scoperta che il mio Sebastian Easterbrook sarebbe finito con una truffatrice.
E la Christine del Duca di ghiaccio? Lo confesso, all’inizio non mi piaceva. Per Wulfric volevo una donna diversa: qualcuna del suo tipo. Lo so, lo so, questa è la sindrome della suocera. E invece, mi hanno insegnato le autrici rosa, i personaggi seri e freddi hanno bisogno di luce e calore.
Leggiamo il cap. 17, quando Christine è appena rotolata su se stessa giù da una discesa, di fronte a tutta la famiglia del duca.

“Non vi piacciono i bambini, non è vero? – ribatté lei. – E nulla che suggerisca infanzia, esuberanza e puro divertimento. Una fredda, sobria dignità è tutto per voi, tutto. Certo che non m’importa che cosa voi pensiate di me.”
“Ma io ve lo dirò comunque – contrattaccò lui, gli occhi accesi da una curiosa luce fredda che lei riconobbe come rabbia. – Io credo che voi siate stata messa sulla terra per portare luce al vostro prossimo, signora Derrick. Io credo che dovreste smettere di credere di conoscermi e di capirmi.”

Lo ammetto: fu come se Wulfric avesse parlato a me. E in quel momento capii che forse il mio giudizio non era infallibile!


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1 commento:

  1. Visto ora. Argomento molto interessante, cara Matesi. Bravissima come sempre.
    Miriam Formenti

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