L'Angolo di Matesi: "UN GALATEO PER SCRITTRICI?"





Alle scrittrici serve un galateo? Tra chi odia essere criticato e chi cerca il confronto, i lettori iniziano a non sapere come comportarsi. Oggi Teresa Siciliano ci propone un'analisi dei rapporti tra autori e lettori nell'epoca digitale.


Jo vi andò preparata a inchinarsi davanti a quei grandi che aveva sempre venerato con giovanile entusiasmo così da lontano. Ma la sua venerazione per il genio ricevette un rude colpo quella sera, e ci volle del tempo prima che si rimettesse dalla scoperta fatta, che quei grandi non erano dopo tutto che uomini e donne come tutti gli altri.
Immaginate la sua delusione quando, gettando uno sguardo di timida adorazione al poeta le cui poesie suggerivano l’idea di un essere etereo, nutrito di «spirito, fuoco e rugiada» lo vide che divorava la sua minestra con un ardore che congestionava il suo viso da intellettuale. Distogliendo gli occhi da quell’idolo infranto fece un’altra scoperta che rapidamente disperse le sue romantiche illusioni. Il grande romanziere oscillava fra due caraffe di vino con la regolarità di un pendolo; il famoso teologo flirtava apertamente con una Madame de Staël del momento, che a sua volta lanciava sguardi furiosi a una Corinna che la prendeva amabilmente in giro dopo essere riuscita, con sapienti manovre, ad attrarre il profondo filosofo, il quale sorbiva johnsonianamente il suo tè con aria semiaddormentata, poiché la loquacità della signora gli impediva di dire una sola parola.

Come tutte le donne della mia generazione, da ragazza sono cresciuta leggendo le pagine di  Piccole donne della Alcott. Confesso che all’epoca questo brano mi sconcertò perché avevo un’idea molto idealizzata dell’attività intellettuale, ma non vi detti molta importanza: in fondo Jo a me era sempre sembrata, diciamo, un po’ strana. Naturalmente all’epoca ignoravo che la scrittrice era figlia di un importante intellettuale e quindi in contatto con gli ambienti culturali di più alto livello. Di più mi turbai quando lessi un pensiero sferzante di Monod sulla qualità umana degli scienziati, a suo dire per nulla migliori di noi persone comuni, anzi delle peggiori fra le persone comuni. E sapevo che aveva la stessa opinione anche Asimov, che non era proprio uno qualunque.
Però le scrittrici rosa, fino a tempi recenti, per me vivevano in un mondo a parte, condividendo lo stesso livello superiore, sia intellettuale sia morale, dei loro personaggi. Mi cullavo in questa sicurezza perché quasi mai avevo avuto contatti diretti e personali con loro. E qualche brutta esperienza poteva apparirmi un’eccezione. Poi per me è arrivato Facebook, cioè non solo un rapporto diretto, ma anche quotidiano, immediato, spesso impulsivo. Con tutte le ovvie conseguenze.
Premetto che spesso neanche noi lettrici brilliamo per tolleranza e cortesia. Ad esempio ci sono gruppi dove non è lecito esprimere una valutazione diversa dalla maggioranza neppure su libri stranieri. E in genere sono piuttosto suscettibili, per ragioni a me sconosciute, tutti coloro che si occupano specificamente di sadomaso e m/m: basta esprimere una perplessità per essere considerati omofobi e in genere ipocritamente puritani. Spesso mi è stato addirittura sconsigliato di chiedere informazioni o leggere alcuni romanzi, cosa un po’ curiosa in questa fase in cui alcune case editrici stanno spingendo questi generi nuovi per l’Italia.
Delicato è il tema su come una scrittrice dovrebbe rispondere a una recensione negativa, o che tale le appare. Premesso che a nessuno piace essere criticato (a me meno che a tutti gli altri, e non sono neanche una scrittrice), la maggior parte delle autrici esperte reagisce con buona educazione. Parlano ad esempio di differenza di gusti personali o difendono pacatamente le loro scelte, alcune (devo dire poche) sfruttano l’occasione per pubblicizzare la loro opera (secondo il principio “parlate pure male di me, basta che ne parliate”). In tal senso mi pare si distinguano in senso positivo i pochi scrittori uomini (personalmente ho fatto un’esperienza simpatica con Canella e Noseda), che pubblicano su facebook anche recensioni non positive, aprendo un dibattito che dia risonanza al loro libro, salvo poi dover difendere la recensora dai loro fan, che invece si offendono a morte e vorrebbero procedere direttamente al linciaggio.
In proposito Giusy Valenti, una delle lettrici più generose, ha pubblicato il suo decalogo:

Promemoria di una lettrice
- Se decidi di commentare un libro, attenta a non rilasciare meno di 5 stelline. In alcuni casi nemmeno 4 sono sufficienti.
- Se rilasci 2 stelline, aspettati di aver smarrito il nome. Diventi "la tizia", "la tipa", ..."quella"!
- Se ne metti una, dai prima disposizioni per un funerale. Il tuo.
- Non esprimere con troppo entusiasmo di aver apprezzato il libro di un'amica. Sei di parte, quindi...
- Non criticare il libro di un'amica. Che razza di persona è una che ti parla schiettamente?
- Non osannare un'autrice più di un'altra. Verrai giudicata per i tuoi gusti di lettura.
- Anche se l'autrice ti chiede di essere sincera, leggi tra le righe: siamo amiche finché ti piace cosa scrivo.
- La libertà di parola, i gusti personali, il diritto di esprimersi con sincerità... sono un optional, un'utopia, un'illusione.
- Fingi che ti piaccia tutto ciò che leggi o ti farai dei nemici. Non importa se vai contro la tua natura, sopprimi te stessa!
- Segui tutte le regole non scritte, e sarai la miglior lettrice del mondo.
Promemoria 2
- Inutile che scrivi il promemoria 1, farai sempre di testa tua e scriverai quello che pensi.
- Condoglianze in anticipo.

Proprio amaro, vero? Il fatto è che noi lettrici ci restiamo male: abbiamo speso dei soldi (magari pochi, ma li abbiamo spesi), abbiamo letto il libro, rubando tempo ai nostri mille impegni quotidiani e soprattutto al sonno, altro tempo abbiamo dedicato a scrivere una recensione, anche con la lodevole intenzione di fornire un parere onestamente critico all’autrice, per avere libri sempre migliori. E in cambio ci può capitare di tutto.
Da questo punto di vista mi pare che le scrittrici giovani siano a volte quelle con meno freni inibitori: non so se la mia impressione sia influenzata dalla mia età (insomma se sto diventando una vecchia brontolona) oppure se sono cambiati i tempi e soprattutto le regole del galateo. Comunque talvolta ci vanno giù pesante sulla lettrice che ha espresso un giudizio non gradito. Inutilmente mi è capitato di fare presente che infierire su una propria lettrice non è la politica di marketing più intelligente. Una volta, non ricordo più chi mi ha addirittura risposto che lettrici come quelle non le voleva!
Ma la cosa più sconcertante è quando intervengono nel dibattito altre scrittrici, anche loro per dare addosso alla “delinquente”. Mi sono chiesta perché si vogliano inimicare così un pubblico potenziale. Ma non ho trovato risposte.
Inutile anche lagnarsi delle recensioni false o addirittura comprate. Tutti lo dicono, a volte pare per esperienza personale, e quindi sarà vero, anche se non capisco con quali soldi, dato che la professione intellettuale di regola in Italia non arricchisce nessuno. Forse solo per vanità? Mentre, per la verità, tutte noi lettrici ormai facciamo la tara sulle recensioni, particolarmente se opera di sconosciuti, e valutiamo soprattutto quelle da 1-2-3 stelle, in genere più significative.
D’altra parte ho anche qualche indizio per pensare che non tutte le ondate di cinque stelle siano manovrate dalle autrici, come credevo. A cosa sono dovute allora? Solo a piaggeria fine a se stessa? O alla voglia di acquistarsi simpatie?
Davanti alle stelle solitarie non seriamente motivate, secondo me, è consigliabile glissare signorilmente oppure con ironia. Per esempio puntualizzando (quando è vero) che il recensore è ai primi passi, oppure che interviene solo per stroncare. Una volta è stato sottolineato il fatto che aveva recensito anche dei tappi. Particolare senza dubbio comico.
Di recente Amazon ha introdotto la possibilità di commentare le recensioni. In questi casi la cosa migliore è lasciar campo libero alle proprie ammiratrici, possibilmente non le più fanatiche. Ad esempio sull’ultimo libro di Augias su Gesù c’è stato un intervento cattolico integralista che liquidava l’opera come un insieme di frottole. Naturalmente c’è chi ha risposto in tono violentemente laicista. Io ho preferito chiedere qualche esempio di frottola.
Finora non c’è stata nessuna risposta. Ma spero che in futuro possa esserci sui libri un vero dibattito.
In ogni caso facebook non dovrebbe diventare un mezzo per sfogare le proprie frustrazioni personali: un’autrice si deve dimostrare superiore, come noi pensiamo che sia. Servirà a procurarle nuove lettrici. O almeno io reagisco così: non compro mai il primo romanzo di una giovane autrice maleducata.
Vorrei concludere citando Mara Roberti, una scrittrice piuttosto abile nel rapporto con i social media:

“Il mondo della scrittura visto dai social spesso è deprimente, diciamocelo. Gli scrittori dovrebbero scrivere storie, non scrivere delle storie che hanno scritto o che scriveranno. E gli scrittori sui social secondo me dovrebbero parlare di meno e ascoltare di più. Ascoltare i lettori, i loro pareri e le loro storie, cogliere emozioni, spunti, opinioni. Dovrebbero approfittare dello scomodo privilegio di scoprire in diretta che cosa diventano le loro storie agli occhi di chi le legge. Perché se dedicano tanto tempo a offendersi per un parere negativo, a gridare al complotto, a elemosinare recensioni, a fare la ruota sotto la definizione di “scrittore”, finiranno per dimenticarsi che il loro compito è solo raccontare storie, non raccontare se stessi. E che una storia per prendere vita ha bisogno della magia dell’ascolto, di quel momento in cui si abbandona il presente per scivolare in un tempo e luogo diverso trasportati dalle parole, complici, chi narra e chi ascolta.
Ma per riuscirci bisogna essere in due, le storie non si raccontano davanti allo specchio, soprattutto se le raccontiamo nella speranza di sentirci dire che siamo le più belle del reame.
Per raccontare, insomma, bisogna ricordarsi di ascoltare, ogni tanto.”

Naturalmente alcune scrittrici lo fanno già. Ad esempio (e mi scuso con tutte quelle che non posso citare) Ornella Albanese tiene spesso conto dei rilievi delle sue lettrici.







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8 commenti:

  1. Pur trovandomi dall'altra parte della barricata (sono un'autrice di romance) non posso far altro che concordare con Matesi sul dilagare della maleducazione da parte di tante "colleghe" (ma anche colleghi a volte). Facebook è diventato un terreno pericoloso, in cui risulta difficile muoversi. E ora che lavoro anche come editor, le cose sono peggiorate. Mi capita di ricevere messaggi pieni di livore e arroganza per non aver risposto subito a un autore che mi aveva inviato un manoscritto (caspita, concedetemi il tempo di leggerli prima di insultarmi!) oppure per aver semplicemente svolto il mio lavoro di revisione, segnalando i punti che non convincono, gli errori grammaticali e via dicendo. Un tempo per l'editore si aveva rispetto, visto che è colui che deciderà se pubblicare o meno il tuo romanzo. Ora non più. La maleducazione dilaga ovunque. Non resta che rassegnarsi, temo.

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  2. articolo come sempre interessante.
    Come per Matesi e Giusy gli scrittori erano lontani, così per me erano lontani i miei lettori, perché di persona ne conoscevo pochi.
    Facebook ci ha avvicinati e io devo ancora abituarmi alla novità.
    Ho ricevuto recensioni di ogni tipo, e non parlo di numero di stellette, e ammetto che alcune mi hanno lasciata perplessa, mi hanno fatto ridere o tirar giù qualche termine colorito.
    Cosa pensereste di una recensione a un vostro romanzo in cui invece del nome del vostro protagonista compare quello nato dal pc di un collega? Visto che il collga è anche un amico ne abbiamo riso insieme.
    Di chi commenta che le vittime muoiono quasi sempre accoltellate? Presa da scrupolo ho controllato, scoprendo che ho ucciso in tanti altri modi.
    Sono quella che è stata recensita dall'amante dei tappi!
    A queste recensioni si aggiungono alcune stroncature prevedibili perché scrittrici e scrittori non sono santi e l'anonimato garantito da Amazon è per alcuni una tentazione.

    Ogni lettore ha diritto a esprimere la propria opinione. Ma si chiede un minimo di coerenza. Cosa pensare di una recensione che lamenta errori grammaticali e ne è piena?
    Ma la recensione che mi fa perdere la pazienza è quella "le straniere scrivono meglio" (se si parla di romance) o "gli stranieri scrivono meglio" (se si parla di noir).
    Scusate lo sfogo ma il mio vicino di casa è da sempre sostenitore delle auto tedesche! Forse non c'entra o forse sì.

    Non sono editor ma ricevo spesso testi in lettura. Ecco, provo ogni volta un forte disagio chiedendomi come saranno accolti eventuali pareri anche parzialmente negativi. Perché lo faccio? Perché avrei tanto voluto che qualcuno leggesse i miei primi lavori e mi desse un parere.

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  3. Grazie grazie grazie Teresa per questo post. Ci voleva grande maestria per trovare un tono misurato e che al tempo stesso non facesse sconti a nessuno e ci mettesse tutti davanti alla cruda verità. Abbiamo reso un pessimo servizio alle lettrici, ultimamente. Credo che questo tuo post sarà un'ottima occasione per cospargerci il capo di cenere (tutte abbiamo sbagliato, ogni tanto) e ricominciare da capo, in modo diverso. Almeno lo spero!

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  4. Personalmente, se sento puzza di polemica sui social, scappo (mi irrita anche quando sono "tirata dentro" a tutti i costi in una discussione che riguarda recensioni negative o l'arroganza di qualcuno).
    Io scrivo romanzi, li pubblico e li faccio pagare. Così, se un mio lettore vuole criticarmi perché il romanzo non gli è piaciuto, perché io gli sto antipatica, perché quel giorno si è svegliato arrabbiato con il mondo intero, ha tutto il diritto di farlo, anche se nel farlo sbaglia la consecutio temporum o fa errori di ortografia.
    Non che mi faccia piacere ricevere critiche negative, ma la penso così. E poi, come non sentirsi riconoscente per il tempo che una lettrice o una blogger mi dedica, nel bene e nel male? Cosa c'è di più prezioso del tempo?
    In quanto alla possibilità di replicare ai commenti su Amazon, penso che mai mi servirò di questa opzione.
    Ottimo pezzo, Teresa, come sempre, d'altronde.
    Grazie
    Viviana

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  5. Che bel pezzo Teresa: pacato, preciso, che scava nella piaga dolente delle recensioni con educazione, rispetto e acume. E' vero, i nostri romanzi prendono vita proprio grazie ai lettori che ci hanno dedicato il loro tempo, la loro attenzione e sì, anche il loro denaro. Come dice giustamente Mara Roberti: gli scrittori sui social dovrebbero parlare di meno e ascoltare di più. Ascoltare i lettori, i loro pareri e le loro storie, cogliere emozioni, spunti, opinioni. Dovrebbero approfittare dello scomodo privilegio di scoprire in diretta che cosa diventano le loro storie agli occhi di chi le legge. Insomma, mai e poi mai uno scrittore dovrebbe farsi avvolgere dalle spire permalose dell'egocentrismo, sbattere i piedi e alzare il polverone del risentimento... via, ha ragione Teresa, è davvero un brutto vedere!
    Le recensioni in fondo servono proprio per crescere e osservare il proprio lavoro attraverso lo sguardo dei lettori, sia quelle positive che quelle "scorticanti" e pungolanti, persino se ci sembrano ingiuste o gratuitamente feroci. Fanno male, sì, ma non tutti abbiamo gli stessi gusti (e ci mancherebbe!), poi qualche stellina in meno qua e là rende probabilmente molto più credibile la reale qualità del romanzo. O no?
    Ancora grazie Teresa.
    Valeria

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  6. Ho trovato molto interessante ed equilibrato questo articolo che mi ha fatto riflettere. Ovviamente anch'io non amo i commenti negativi ai miei scritti, ma li accetto di buon grado e ne faccio tesoro se sanno darmi qualche indicazione positiva per migliorare il mio lavoro, grata, tuttavia, come ha già detto una collega, per il tempo che il lettore mi ha dedicato per postare il suo giudizio. Non mi risento mai per una recensione "brutta" e tantomeno mi permetto di ribattere, credo che ciascuno debba essere libero, una volta che ha letto un libro, di esporre il proprio parere senza timore di essere tacciato come minimo di "invidioso" o "incompetente". Solo una volta ho risposto a un lettore che aveva attribuito una stellina a una mia raccolta di racconti per ragazzi dichiarando candidamente di non averla letta perchè cercava delle fiabe da leggere ai suoi bimbi piccini e, dopo le prime righe, si era reso conto che i miei racconti non erano adatti a loro ed era seccato di aver speso inutilmente il suo denaro (0,99 euro...). Gli ho precisato che l'errore era stato suo, se desiderava delle fiabe doveva cercare nella sezione apposita e non giudicare pessimo un lavoro che non aveva letto!

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  7. Il lettore non è tenuto a scrivere correttamente,ho letto delle prese in giro su questo.Il sedicente scrittore sì, ma è diventato un optional
    Ottimo articolo, scovato per caso.Mi vado a cercare gli appunti sul libro di Augias. Grazie

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