Romantic Xmas: "PARIGI,1888" di Francesca Cani


Benvenute al primo appuntamento con il Natale di  Insaziabili Letture!
Inauguriamo questo gioioso periodo dell'anno con una nuova grafica, piccoli fiocchi di neve e, soprattutto, con la rubrica "Romantic Xmas"
Oggi ospitiamo il racconto inedito di una giovane e grande firma del panorama romance italiano: FRANCESCA CANI!
Non lasciatevi sfuggire il tenero, appassionato e simpatico Natale di Hanna e Constant in "PARIGI, 1888". 
Buona lettura!





«Vi chiedo di sposarmi, mademoiselle Hanna, ĆØ semplice, perchĆ© fate quella faccia oltraggiata?» sbottĆ² monsieur Constant Moreau, il piglio arrogante. Il nido di capelli neri e lucidi che sembrava modellato dal vento si fece ancora piĆ¹ arruffato quando lui vi passĆ² dentro le dita con un gesto nervoso.
Hanna inspirĆ² fra le labbra strette, gonfiĆ² il petto di indignazione e sibilĆ²: «Come osate? Vi ho giĆ  rifiutato in privato, che motivo avete di ripetere la vostra proposta dove altri vi possono udire?» Da un lato si sentƬ meglio, dall’altro le sembrĆ² che il palazzo in Rue Staint Vincent perdesse i contorni definiti. Per non barcollare strinse la balaustra di ferro sbalzato delle scale.
Lui la incenerƬ con lo sguardo, il viso virile, scavato e pieno di rabbia si face livido. Hanna arrossƬ colma della stessa furia, ma non scollĆ² gli occhi dai suoi.
«Molto bene, speravo poteste ritrovare la ragione, ma non ĆØ cosƬ» proruppe secco Constant, afferrĆ² la porta laccata color pece con tanta forza che le sue nocche sbiancarono. «Sentirete di nuovo parlare di me. Buona giornata, mademoiselle.»
Dalla cucina la governante spiccĆ² un gridolino tremebondo quando lui sbattĆ© l’uscio producendo un boato che fece vibrare le finestre della facciata. Dall’abbaino sopra il portone, un dettaglio nel profilo della cattedrale del SacrĆ© Cour sembrava un naso bitorzoluto, aggrottato e stizzito, che in qualche modo partecipava con solennitĆ  alla scena. Hanna si voltĆ² e con un gesto meccanico aggiustĆ² il colletto, mandando al diavolo quel vivere pieno di passione che accendeva il sangue degli uomini parigini. SalƬ le scale glaciale come un generale d’armata britannico. La sua baldanza perĆ² durĆ² fino al giorno della Vigilia di Natale, quando iniziarono mille insignificanti cedimenti.

«Mademoiselle Hanna, suonateci qualcosa di…», l’anziano monsieur Martin cercĆ² le parole lasciandosi i baffi, «…Britannico, ecco!» tuonĆ², le afferrĆ² l’avambraccio e lei cercĆ² di dissuaderlo con piccoli colpetti delle dita sul dorso rugoso della grande mano.
«Oh, non sono dell’umore adatto, perdonate monsieur.»
«Ma ĆØ la Vigilia di Natale, in nome di Dio, non siate triste e non pensate a quel buono a nulla di Constant» borbottĆ² Martin. Si rabbuiĆ², le sopracciglia bianche e lanose formarono angoli severi, le labbra serrate in broncio di disappunto. Gli occhi chiari del vecchio erano caratteristiche di gran parte degli uomini parigini, al solo pensiero del contrasto di iridi quasi identiche con una chioma selvaggia dai riflessi d’ebano Hanna sentƬ una morsa stringerle il petto, sconvolgerle i sensi.
«D’accordo» rispose alla fine, seccata per la propria debolezza.
Si sedette al piano. Era una donna pratica, avrebbe suonato, mangiato e fatto conversazione con tutti, le era richiesto questo e non era un compito difficile da assolvere. L’ombra di un sorriso le sollevĆ² la bocca. “Inglese fino al midollo” avrebbe detto Constant. Il timbro roco della sua voce dopo che l’aveva baciata con passione le tornĆ² alla memoria, ironico, dirompente e sensuale. Le tremarono le mani.
«Deck the hall with boughs of holly, Fa la la la la la la la la» attaccĆ² da sola, la voce sicura. Ben presto tutti la seguirono in un inglese stentato, i ragazzi stropicciarono nelle mani i berretti di lana. La governante raggiunse toni cosƬ alti che Hanna sorrise, temendo per i cristalli. Sembravano felici, nessuno in tutta Parigi avrebbe potuto sospettare che in quella casa, sotto le decorazioni fatte con rami di pino, pigne e bacche di rosa canina, c’era una ragazza con il cuore a pezzi.
«Troul the ancient Christmas carol, Fa la la la la la la la la
Hanna finƬ di cantare e abbassĆ² triste gli occhi sui tasti d’avorio, la mano paterna di monsieur Martin si posĆ² sulla spalla.
«Il buonumore vi tornerĆ , ma petit.»
«Ć‰ solo che mi capita di pensare alla mia terra» mentƬ Hanna, ma fu interrotta.
«Oh, siete cosƬ giovane che una delusione d’amore non puĆ² fiaccarvi a lungo. So invece che se continuate a consumarvi i bambini rimarranno senza la migliore istitutrice che possano immaginare. Volete che al posto vostro sia assunta una perfida, grigia arpia con quell’accento sibilante di Londra e la cuffietta inamidata sulla testa? I miei nipoti ne morirebbero o riprenderebbero a fare monellate, il che renderebbe questa casa invivibile.»
«Ma non rimarrĆ² in Francia per sempre.» Le era balenata l’idea di andarsene, era solo un’insegnante e poteva rassegnare le dimissioni.
«Su con la vita, deludendo voi quell’idiota di mio nipote ha perso l’unica opportunitĆ  di mettere a posto quella testa piena di vento che si ritrova.»
«Sapete tutto, signore?» ArrossƬ. La litigata con Moreau era stata violenta, lei era sulle scale che conducevano al primo piano del palazzo, lui vicino all’uscio. Si erano rinfacciati cose orribili.
«Mon Dieu, gridavate come pazzi. E sono orgoglioso di voi, gliele avete cantate! Mio nipote ĆØ un idiota, se avessi qualche anno in meno approfitterei del suo cuore di pietra e cercherei di conquistarvi.»
Hanna sorrise. «A voi avrei detto sƬ, monsieur Martin.»
Il vecchio si chinĆ² e le baciĆ² la mano per congedarsi.
La cittĆ  era imbiancata, le sagome innevate dei tetti d’ardesia si perdevano all’orizzonte, dove nubi cariche di neve minacciavano di coprire il grigio selciato parigino che sbucava nei solchi lasciati dal passaggio delle carrozze. Sulle finestre appannate si erano formati arabeschi e fiori di ghiaccio. Ma sulla vetrata accanto al camino il gelo era in parte sciolto e c’era un’impronta grande e frastagliata, se si usava la fantasia poteva sembrare una mano. Poco piĆ¹ in lĆ , un cerchietto rotondo, un alito di calore, forse? La sorpresa le fece vorticare la testa e il cuore le saltĆ² in gola al pensiero irrazionale che potesse trattarsi dell’impronta di Constant.
Hanna scosse il capo, cercando di riacciuffare i pensieri. Monsieur Moreau poteva anche saltare fuori in quel preciso istante come un coniglio dal cappello del prestigiatore e lei non avrebbe mosso un muscolo.
«Tutto bene, mademoiselle?» chiese all’improvviso il piccolo Fabrice, lei sussultĆ², i nervi la tradirono.
«Vi canterĆ² qualcosa d’altro, vieni» mormorĆ² indispettita.
Venne presto l’ora di ritirarsi e un altro tassello nella mente ordinata di Hanna scappĆ² ai legacci.
D’un tratto nella stanza che per una sola notte aveva diviso con Moreau era difficile entrare. Il piccolo letto su cui lui si era steso, attirandola accanto, sembrava ancora segnato dal suo fisico imponente. Lei aveva esplorato con le dita sul suo petto, imbarazzata; Constant aveva iniziato il suo lento assalto fatto di carezze roventi e sussurri eccitanti. Il suo corpo aveva risposto, languido, grato di quelle attenzioni, consumato dal bisogno. DeglutƬ, cercĆ² di rimanere presente, ma ogni volta che chiudeva gli occhi lo vedeva nudo, perfetto, il torace largo e i fianchi stretti, i muscoli guizzanti, le braccia forti. Il ricordo della striscia di peluria che conduceva all’inguine le diede un brivido.
IniziĆ² a svestirsi con rabbia, il corpo la tradiva, era come acceso e non collaborava. L’elegante abito azzurro polvere finƬ in fondo ai piedi del letto, il corsetto lo seguƬ. Il sottotetto era gelido, cosƬ infilĆ² in fretta la camicia da notte e allacciĆ² i bottoni fino al mento. SprofondĆ² sotto le coperte, cercĆ² con caparbietĆ  il sonno. Aveva ceduto alla piĆ¹ pericolosa tentazione e ora era cambiata, la sua armatura era incrinata. Che sciocca era stata a pensare che nulla l’avrebbe scalfita. 

 

Palazzo Moreau era una costruzione elegante nel cuore di Montmartre. Era un caseggiato alto quattro piani e i piccoli balconi di ferro che ornavano le finestre sembravano piante rampicanti, le cui argentee e ricurve volute facevano da contrasto con la facciata liscia illuminata dalla luce fioca dei lampioni a gas. Casa sua era come Constant l’aveva lasciata o forse era ancora piĆ¹ seducente, perchĆ© riverberava l’essenza di Hanna Stewart. Il tetto di ardesia coperto di neve, la stanza del quarto piano con i vetri scuri e i piccoli oggetti posati sul davanzale. La brocca smaltata, il vaso di porcellana blu, il mazzo di ortensie essiccate i cui gambi erano legati con il nastro lilla che lui stesso aveva sciolto dalla chioma bionda di Hanna. Quel giorno era rimasto senza saliva nel guardare l’effetto della massa di boccoli ricadere sull’abito grigio fumo dell’istitutrice.
Il suo cuore aveva la fastidiosa tendenza a scalpitare imbizzarrito da quando lei era arrivata a Parigi. Constant pensĆ² che era suo diritto entrare, sbattere la porta e ignorare tutti, chinarsi su di lei mentre suonava e lasciarsi andare, riprendere con le labbra lo spazio che era suo e di nessun altro. Ma non l’aveva fatto. Poco prima, quando Hanna aveva notato l’impronta lasciata dal calore della sua mano sul vetro del salotto si era tirato indietro. Era scivolato sulla parete del palazzo, la schiena premuta contro il muro, la mano sulla bocca per impedire agli sbuffi di calore di farlo scoprire. Hanna era stata vicina, l’aveva sentita con tutto il corpo.
E ora? AspettĆ² che tutti fossero a dormire, aprƬ la porta sul retro e salƬ le scale di servizio. La casa era silenziosa, il suo animo in subbuglio. La porta della stanza di Hanna era distante da quella del resto della famiglia, isolata. All’inizio non era stata una scelta dettata dalla buona educazione, tutt’altro, erano tutti determinati a tenerla alla larga. Lei una bellezza inglese, una straniera. Gli sfuggƬ una risata lorda di sarcasmo. Idiota che era stato a farle la guerra. Tempo perso in schermaglie quando avrebbe potuto portarsela a letto.
Era eccitato, le mani sudate, la camicia che fasciava i pettorali che si alzavano e abbassavano veloci.
La maniglia della porta dove la ragazza dormiva finƬ sotto le sue dita, la piegĆ² in un unico movimento. Dalla stanza lo investƬ un refolo della deliziosa essenza di Hanna. Odorava di cannella perchĆ© le piaceva dare una mano in cucina, ma il suo corpo aveva il sapore burroso e morbido delle notti d’estate sulla Senna. ScivolĆ² dentro avvolto dall’oscuritĆ . La tenda di mussola era scostata, le nubi si erano diradate e la luna le illuminava il volto tondo, le lunghe ciglia disegnavano un pizzo sulle gote rosee.
Constant chiuse i pugni e li ficcĆ² nelle orbite, senza di lei non riusciva a dormire e nemmeno a ragionare. Hanna si mosse nel letto, emise un mugolio infastidito. Constant avvertƬ il battito crescere fino a renderlo sordo. Faceva un male del Diavolo starle vicino.
«MalĆ©diction» imprecĆ² sottovoce e scivolĆ² fuori dalla stanza.
La amava perdutamente, questo cambiava tutto.


«Vi dico che lui ĆØ tornato! Indossate il soprabito e portate fuori i bambini, niente compiti il giorno di Natale, me la vedrĆ² io con il padrone fino a che sarete di ritorno. Questo vi darĆ  modo di pensare o di scappare» bisbigliĆ² la governante con una vigorosa alzata di spalle, tirando Hanna fin dentro alla dispensa.
La ragazza annuƬ. AfferrĆ² i cappotti dei bambini, Lucie e Fabrice iniziarono a starnazzare come oche impazzite contendendosi una trottola di legno, ma alla fine la seguirono entusiasti. Li strapazzĆ² come un’ossessa per le vie innevate di Parigi, camminarono fino a sfinirsi nella neve che le arrivava alle caviglie. Da Montmartre si trovarono a percorrere lo Champ-de-Mars, il lungo viale d’accesso alla Exposition Universelle, dove la Tour Eiffel era in costruzione. Davanti al moncone scuro della torre parte della sua sicurezza sfumĆ², la ragazza rimase con il capo inclinato a cercare un senso alle proprie azioni.
«PerchĆ© ci avete portato fuori voi e non la bambinaia, mademoiselle?» chiese a un certo punto Lucie, tirando su con il naso.
«Credo di essere impazzita» mormorĆ² afflitta.
«Zio Constant» strepitĆ² Fabrice e schizzĆ² via, lasciandola interdetta.
Hanna non si voltĆ². Li sentƬ fare festa come un gruppo di cani da caccia, anche nel modo di amarsi i francesi erano diversi dagli inglesi.
«Credete anche voi, bambini, che sia la cosa piĆ¹ bella che avete mai visto?» chiese a un certo punto la voce virile dietro le sue spalle.
«La torre Eiffel ĆØ incompleta, ma ĆØ giĆ  bellissima!» trillĆ² Lucie.
«Mademoiselle Hanna, zuccona, parla di lei non della torre» precisĆ² Fabrice.
Hanna ondeggiĆ² come una foglia gialla sul ramo ormai spoglio di un platano.
«Andate a prendervi una mela caramellata, enfants» disse Constant e consegnĆ² ai bambini una manciata di spiccioli, poi le si avvicinĆ² e fu come se il sole pallido nel cielo livido del mattino diventasse d’un tratto rovente.
«Monsieur Constant, bentornato» lo salutĆ² cauta.
«Bonjour Hanna» rispose lui, la sua giacca nera le sfiorĆ² il cappotto color carta da zucchero.
«Vi prego di accettare le mie scuse. Non avrei dovuto dirvi che siete un libertino e un donnaiolo, non avrei dovuto rinfacciarvi le vostre abitudini, per altro legittime, dato che siete scapolo. Non avrei dovuto farvi la ramanzina quando mi sono dimostrata cosƬ poco responsabile a mia volta» attaccĆ² Hanna, si sentiva a corto d’aria.
«Non posso accettare le vostre scuse» ribattĆ© lui brusco.
Hanna si voltĆ² d’istinto e fu un fatale errore. Rimase prigioniera degli occhi cerulei, schegge acuminate di cristallo incastonate nei lineamenti mascolini e squadrati, quei tratti erano forti e sgraziati in alcuni dettagli, ma la bocca ben disegnata rivelava una scandalosa perfezione. Si sentƬ vulnerabile. Lui le sorrise, non c’era nulla di rassicurante in quel suo volto da Lucifero.
«Non accetto le tue scuse prima di averti dimostrato la veritĆ » precisĆ², il suo tono si fece piĆ¹ dolce.
Si chinĆ² su di lei, le strinse il viso fra le mani. Hanna avvertƬ la carezza ruvida dei suoi guanti neri sulle sue gote infreddolite, le sfuggƬ un sospiro. Era esattamente ciĆ² che la parte razionale di lei temeva, ma le labbra di Constant erano troppo vicine e lui non le permise di sfuggire, la baciĆ² con urgenza. La lingua calda le stuzzicĆ² le labbra, vi penetrĆ² come se non fosse trascorsa un’ora da quando l’aveva abbandonata, scardinĆ² le sue difese. Il contatto si fece intenso, sempre piĆ¹ profondo e affamato. Si aggrappĆ² alle spalle di Constant, affondĆ² le unghie nella sua giacca di lana che aveva un lieve odore di tabacco.
«Ancora una volta, Hanna» disse lui, le labbra premute contro la sua guancia, ansimava. «Dimmi ancora che non ĆØ abbastanza e ti lascerĆ² andare per sempre.»
«Constant, io…»
«Zio, andiamo a casa, ho freddo!» strillĆ² Lucie e li divise con malagrazia.
Si separarono come due magneti opposti, ma il vuoto fra loro vibrava di energia.


La governante gli lanciava sguardi fra l’indisponente e il minaccioso, Constant non riusciva ad alzare il viso dalle pagine del giornale senza intercettare i suoi occhiacci ostili. Hanna era un biondo, algido angelo dal volto impassibile come marmo, sedeva rigida al tavolo della sala da pranzo. ContĆ² fino a dieci, non servƬ a calmarlo. Era il giorno di Natale, i miracoli erano possibili, no? ContĆ² fino a cinquanta e diventĆ² ancora piĆ¹ nervoso.
«Oh, al Diavolo» sbottĆ², si alzĆ² di scatto, accartocciĆ² Le Figaro e lo lanciĆ² sulla poltrona.
FrugĆ² nella tasca dei pantaloni, il cerchietto d’oro rotolĆ² intorno al suo dito mignolo. Si chinĆ² davanti a lei come un babbeo. Dio, aveva sempre odiato quelle dichiarazioni melodrammatiche.
«Bambini, venite via! Su, su» strillĆ² la governante come se la casa stesse andando a fuoco.
E cosƬ Constant si ritrovĆ² solo con le mani della donna che amava fra le proprie.
«Nel tuo petto c’ĆØ il cuore che voglio ascoltare la notte, Hanna, il fiato leggero che voglio sentire su di me fino alla vecchiaia. Ti amo. Anche se sei impossibile, anche se mi odi, anche se mi dirai di no. Ti amerĆ² per sempre e di piĆ¹ di quanto potrĆ² mai esprimere.» EsitĆ², la sua voce incrinata dall’emozione non la riconosceva.
Hanna sussultĆ², quell’anello d’oro rosa che aveva comprato pensando a lei le finƬ nel palmo della mano e non al dito.
«Chiedimelo» gracchiĆ² lei stonata, senza un filo di voce.
«Vuoi sposarmi, Hanna Stewart?»
«Oui, Constant. Je t’aimĆØ» Il francese non era decisamente la sua lingua, ma che suono magico ebbero quelle parole. La baciĆ² come non aveva mai nemmeno immaginato di poter fare, con una tale trepidazione che alla fine sospirĆ², sazio. Hanna era la sua l’alba, l’inizio intonso che ora sapeva di aver sempre sognato, era la promessa di nuova vita. Cosa aveva appena pensato a proposito delle smancerie degli innamorati? Sorrise, dopotutto non gli davano piĆ¹ il voltastomaco. La baciĆ² di nuovo, ebbro di lei e di quel dolce Natale. Alla fine non era nulla di grave, era semplicemente amore.



L'autrice:


http://1.bp.blogspot.com/-p90rXUANKIk/Vf3S1eg_5UI/AAAAAAAABf0/q7oJQzC-lYQ/s200/intervista-a-francesca-cani-L-fbmwL8.jpegFrancesca Cani, laureata in Storia dell’Arte, ĆØ autrice di romanzi storici e di numerosi racconti. ƈ conosciuta anche con lo pseudonimo Frances Shepard. Sposata, vive e lavora a Mantova. Quando non scrive ama leggere, viaggiare, fare sport (ĆØ una ex pattinatrice di artistico). Almeno due volte l’anno parte per Inghilterra, Irlanda o Scozia, che stanno diventato la sua seconda casa.
Come Frances Shepard, insieme con l’amica Mary, ha scritto il romanzo storico “I colori della Nebbia”, edito nell’ottobre 2013 per Harlequin Mondadori. Per la collana YouFeel di Rizzoli ha scritto il racconto lungo "La cacciatrice di lieto fine".
ƈ da poco uscito un suo romance storico, “Tristan e Doralice – Un amore ribelle”, per l’editore Leggereditore.

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7 commenti:

  1. grazie per questa piccola perla di romanticismo!

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  2. Un racconto delicato ed etereo, leggero come un fiocco di neve, che ci riporta in un'epoca lontana nel tempo, ma attuale in quanto a passioni umane. L'amore fa muovere il mondo da sempre, va oltre ogni convenzione, ogni cerimoniale, ogni pensiero razionale. E' amore ed ĆØ fatto della stessa magia del Natale.

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  3. Dolce, dolce, dolce, fantastica apertura di una rassegna sempre gradita.
    E grazie a Francesca per aver scelto Parigi come location, credo che quest'anno siamo un po' tutti francesi.

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  4. Grazieeeee! Che bei commenti! Ho scelto Parigi proprio per ricordarmi quanto sia bella e piena di ricordi magnifici, sono felice che vi sia piaciuta come ambientazione. <3

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  5. Dolcissimo. Sono rimasta stregata da questo racconto. Brava!!

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  6. L'ho adorato. SembrerĆ² scontata, ma io amo Parigi. Complimenti!

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  7. Adoro questo periodo storico, e le storie romantiche a lieto fine!! Brava Francesca

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