Romantic Xmas: "WONDER" di Christiana V


Continua la rassegna "Romantic Xmas" di Insaziabili Letture!

Oggi, in attesa del #Natale2015, ci farà compagnia un vampiro sensuale, affascinante, assolutamente indimenticabile: Lotus!
Torna il Blood Catcher di CHRISTIANA V in "WONDER" un racconto che non potete in alcun modo lasciarvi sfuggire!
(E se vi state  chiedendo cos'è un Blood Catcher, be', non vi resta che scoprirlo :P)

Buona lettura!


Il racconto è uno spin-off del romanzo Paranormal Romance "BLOOD CATCHER"

Lotus strinse i denti e batté i piedi a terra, scrollandosi di dosso l'acqua. Odiava la pioggia, soprattutto quando scendeva in quel modo, come se Dio si divertisse a buttarla giù con secchi grandi quanto piscine.
Entrò in casa e lanciò il mazzo di chiavi sulla mensola di fianco alla porta d'ingresso.
Guardò in basso. «Porca puttana!»
Una pozza si era formata attorno ai piedi, scivolando minacciosa verso il parquet poco distante. Senza perdere tempo, si spogliò e ammucchiò gli abiti zuppi in un angolo. Poi, nudo come mamma l'aveva fatto, andò in bagno per prendere un catino vuoto.
Di solito non nutriva alcun interesse per gli arredi di un alloggio che non gli apparteneva, in fondo lui non aveva mai avuto una vera casa, ma quei listoni di legno li aveva montati lui, e solo ricordare la fatica e il tempo impiegati lo facevano incazzare di brutto.
Anche perché quel lavoro gli era servito per non pensare all'unico posto dove avrebbe desiderato essere e in cui non poteva andare.
Raccolse l'ammasso gocciolante e scese le scale che conducevano al seminterrato, poggiò il contenitore davanti all'ingresso della lavanderia, infine proseguì fino alla camera da letto. La stanza quadrata senza finestre era il suo rifugio durante il giorno, quando doveva proteggersi dai letali raggi del sole. L'arredamento era ridotto al minimo: un cassettone, un armadio e un confortevole letto king size. Lotus tirò fuori una tuta dal guardaroba, la indossò e si avviò alla lavatrice per il bucato.
Terminata la tediosa incombenza, entrò nel suo ufficio e si accomodò alla postazione di lavoro. I cinque monitor si illuminarono con un click del mouse.
«Cominciamo» borbottò, battendo sulla tastiera. Inserì diversi codici che avrebbero fatto rimbalzare il segnale da un ripetitore all'altro, infine digitò nel sito della motorizzazione il numero di targa della Ford Fiesta ammaccata in cui era salita la donna.
Quella sera aveva scovato una nuova preda per il Padrone. Il temporale l'aveva appena sorpreso durante una passeggiata quando se l'era trovata davanti in un parcheggio. L'odore della sua frustrazione era stato così intenso da coprire le esalazioni dei gas di scarico e dei tombini intasati.
Probabilmente la tizia, che scoprì con sollievo essere nubile, lavorava da quelle parti.
Non la zona migliore di Augusta.
Inoltre viveva in un'altra parte della città, ancora peggiore di quella in cui l’aveva incontrata. Oh, andiamo, quello era un aspetto che andava a suo vantaggio, cosa gliene fregava del contesto di degrado sociale in cui la vittima era inserita?
Sai  bene il perché. Da quando si era scontrato con una certa preda con prole, preferiva sempre vittime senza figli ed era diventato sensibile a determinate tematiche. Non era una buona cosa per lui, ne andava del suo operato, già messo a dura prova pochi mesi prima. Scrollò le spalle con cinismo.
Non sono cazzi miei.
Lotus continuò a estrarre dati, li incrociò tra loro e creò una strategia personalizzata per la vittima. Poi si fermò e restò con la mano sospesa a pochi centimetri dal mouse.
Non lo fare, brutto stronzo. Non lasciare tracce che loro possano seguire e che conducano a lei.
«Merda!» sbottò scattando in piedi.
Da quando aveva combinato il casino ad Aurora, Lotus sapeva di essere sorvegliato. I suoi computer e il cellulare erano sotto controllo, lo pedinavano ogni volta che lasciava l'appartamento, il quale era monitorato da videocamere durante il giorno.
«Come se potessi uscire!» sbraitò, salendo velocemente le scale.
Puntò il frigo e tirò fuori una birra e delle fette d'arrosto, poi il pane bianco. Mentre preparava i panini, ripensò a una cena meravigliosa, fatta di piatti italiani cucinati a regola d'arte e gemette. Non per i piatti... beh, sì, magari un po' anche per le prelibatezze che gli avevano fatto venire l'acquolina in bocca, ma per la cuoca.
Camille.
Lotus chiuse gli occhi e richiamò alla mente l'immagine della donna che occupava tutti i suoi pensieri. Fanculo, almeno nella sua testa non potevano entrare! Vide gli intensi occhi blu, il nasino spruzzato di lentiggini, il sorriso segreto che rivolgeva solo a lui. E poi sentì i suoi ansiti, le unghie nella schiena, gli spasmi della fica sul suo uccello quando veniva.
Ecco qui... era duro per lei, che non si trovava in quella stanza, né nella stessa città, neanche nello stesso Stato!
Lui era nel Maine, lei in Illinois.
E il Padrone a Washington.
Che schifo di vita! Si era scoperto innamorato dopo secoli solo per dover lasciare il suo amore. Era l'unico modo per preservarlo dalla morte. Sì, perché Camille era umana, un bersaglio fin troppo fragile per i vampiri come lui. Doveva proteggerla, anche se questo voleva dire perderla.
A quel pensiero la solita stretta al petto gli mozzò il respiro. Erano trascorsi otto mesi da quando se n'era andato dopo avere cancellato ogni suo ricordo dalla memoria di lei, eppure non riusciva a rassegnarsi.
L'amava più di ogni cosa, perfino più di se stesso - e lui era un egoista fatto e finito - ed era destinato a non vederla mai più. Un ringhio sommesso gli partì dal petto, salì in gola ed esplose dalle labbra in un urlo.
Corse giù per le scale, si cambiò con abiti rigorosamente neri più pesanti, indossò gli anfibi e spense il cellulare. Quella notte non poteva resistere alla propria dipendenza: doveva vedere il volto di Camille almeno per un istante e, perdio, l'avrebbe visto!
Andò al piano superiore, uscì di nuovo sotto la pioggia, inserì l'allarme e li sentì. Tutti quegli occhi incollati su di lui, pronti a seguirlo e a eliminarlo, se fosse stato necessario.
Lotus guardò il portellone chiuso del garage. Niente SUV, niente GPS, per un po' non voleva farsi trovare, almeno prima che il codice che aveva sulla schiena avesse svelato la sua posizione. Si sentiva un prigioniero in un carcere di massima sicurezza. Perfino a loro era concessa mezz'ora d'aria, gliela dovevano, cazzo!
Alzò il volto al cielo buio. La pioggia continuava a cadere con la stessa intensità ma non se ne preoccupò, dopo una veloce occhiata in entrambe le direzioni, si smaterializzò. Spinse le particelle verso sud e percepì chiaramente tre creature unirsi a lui in quel viaggio. A sorpresa, ricomparve in un parco poco distante. Attese dieci secondi, scompose di nuovo le proprie cellule e cambiò direzione, stavolta verso ovest. I bastardi tornarono quasi subito a fargli compagnia, e lui ripropose lo stesso giochino.
Solo altre tre volte, giusto per confonderli. Quando fu certo di averli seminati, si materializzò in un vicolo angusto della città. Con passo svelto, Lotus si immise sulla strada principale poco frequentata per via del temporale. Tenne gli occhi e le orecchie aperti, setacciò l'ambiente che lo circondava con i sensi di cui era dotato e finalmente arrivò alla meta: un internet point.
Senza tergiversare, prenotò una postazione, avviò Google e rintracciò il figlio di Camille su Facebook.
Ecco lo stronzetto in tutto il suo splendore!
Con pochi passaggi hackerò l'account del ragazzo e cercò tra le sue foto quella in cui la madre lo teneva in braccio. La trovò.
Lotus si paralizzò, gli occhi fissi sul monitor. Sentì il cuore aumentare le pulsazioni, il sangue scorrere più veloce nelle vene e le zanne premere contro le gengive. Cristo, quanto gli mancava! Ed era ancora più bella dell'immagine che il cervello mandava in loop ogni maledetto giorno.
L'istinto primordiale insito nella sua natura, in primis di maschio e poi di vampiro, reclamò a gran voce ciò che gli apparteneva, la donna che era sua grazie al vincolo di sangue condiviso. Si incollò allo schermo studiando ogni tratto di Camille fino a leggere i pixel dell'immagine e la frustrazione, quella dannata frustrazione che cercava continuamente nelle sue vittime, entrò dalla porta principale senza bussare.
Una goccia di sudore scese dalla tempia fino alla mandibola, la pelle si tese, i muscoli si contrassero pronti a scattare.
Sei in un luogo pubblico, non fare cazzate.
Doveva distrarsi, pensare ad altro e, soprattutto, uscire da quel cavolo di posto. Con le mascelle strette guardò un'ultima volta i grandi occhi blu della sua amata, lasciò scivolare un polpastrello sul monitor lungo la guancia di lei, poi interruppe il collegamento e cancellò la cronologia. Meglio essere prudenti qualora i bastardi fossero risaliti a quella postazione.
Uscì in tutta fretta dall'internet point, svoltò a sinistra e tornò nello stesso vicolo in cui si era materializzato. Si sentiva pronto a esplodere e già sapeva che a nulla sarebbe servito ingozzarsi di sangue da una vena oppure scopare fino a farsi bruciare l'uccello.
Lui aveva bisogno di Camille, porca puttana!
Con uno sforzo immenso, riuscì a calmarsi abbastanza da scomporre le cellule e arrivare a casa sua, in cui entrò con il fiatone e la vista annebbiata. Con mani tremanti afferrò il cellulare e lo accese, poi si lasciò cadere sul divano a occhi chiusi.
Tutto stava per finire. Lo strafottente, superbo e viscido Lotus stava perdendo la battaglia più importante della sua esistenza, condannando a morte la sua compagna.
Deglutì il groppo in gola, digitò il numero telefonico di casa Stark e attese. Uno squillo. Due. Tre... «Pronto?»
La voce femminile ci mise un po' a chiarirsi nella testa di Lotus, che restò in silenzio. Il tono era stridulo e fastidiosamente strascicato, come se la donna non respirasse in maniera corretta. Una cosa era certa: quella non era Camille.
«Stark?» si decise infine a dire Lotus.
«Oh no, mi spiace, gli Stark non abitano più qui.»
Il vampiro non si prese la briga di salutare e chiuse la comunicazione con la fronte aggrottata. Se avevano cambiato casa, dove abitava adesso Camille? E cosa stava facendo? Era ancora con quel bastardo del marito?
Sì, le aveva detto di amarsi perché nessuno a parte lui l'avrebbe fatto, ma era rimasta con lui per i ragazzi, da sempre la sua prima preoccupazione?
Scattò in piedi e andò al tavolo con l'idea di prepararsi dei panini e... sorpresa! Erano già pronti. Ci si tuffò sopra meditabondo, riusciva sempre a ragionare meglio con la pancia piena, anche se quel bruciore che gli pervadeva il ventre non aveva niente a che fare con la fame di cibo. Sapeva che i vampiri innamorati soffrivano lontani dalla propria compagna, dilaniati da un doloroso malessere che li faceva affannare e ragionare come le bestie che erano in realtà. Ma lui benediva ogni dannato secondo della sua vita per la fortuna che gli era capitata. C'erano creature che non ne assaporavano neanche una goccia nelle loro fredde e sanguinarie esistenze.
«Devo fare qualcosa» sbottò balzando in piedi. Si sentiva fremere, il sangue pizzicava in ogni singola vena, richiamando il gemello che viveva in Camille. A volte era solo la certezza di portare dentro di sé una parte di lei a farlo andare avanti, a non cedere a quel miserabile presente.
Il cellulare squillò. Lotus chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Era la suoneria che aveva attribuito al Padrone. Aveva notato la fuga, anche se era durata solo mezz'ora. Aveva davvero un guinzaglio corto al collo!
«Padrone» rispose senza alcuna inflessione nella voce.
«Ho bisogno di te. Subito.»
Il tono annoiato non trasse in inganno Lotus, sapeva che stava per subire l'ira di uno dei vampiri più antichi che avesse mai conosciuto.
«Arrivo subito» esclamò alla linea ormai muta.
È finita, ormai sono morto davvero, e non so nemmeno che fine abbia fatto Camille!
E anche se avesse voluto vederla un'ultima volta, non avrebbe saputo dove trovarla. Era pervaso da una lucida disperazione e dalla consapevolezza di essere arrivato all'ultima spiaggia, ma non voleva darsi per vinto. Per una volta nella sua vita, se si fosse rivelato necessario, avrebbe pregato. A tutti si concedeva un ultimo desiderio prima di eseguire un'esecuzione, lui avrebbe chiesto di vedere Camille.
Lotus spianò le rughe sulla fronte con le dita e si preparò ad andare. Non appena uscì dalla porta, venne affiancato da due vecchie conoscenze.
«Ciao, Virgil. Tempo di merda, vero?» esclamò rivolgendosi a una delle guardie fidate del Padrone, quella che era intervenuta ad Aurora e aveva eliminato la piccola e spumeggiante Tiffany, all'epoca sua ospite di sangue.
Il vampiro dalla figura sottile si sistemò i guanti di pelle e lo guardò. «Se non fossi un cane sciolto, non avremmo bisogno di starcene sotto questo temporale. Dove sei andato prima?»
«Avevo bisogno di aria pulita, lontano da voi succhiasangue» replicò irato Lotus. L'adrenalina continuava a pompare nel sangue e, invece di calmarsi, si sentiva prossimo allo scoppio. «Andiamo dal Padrone, che è meglio.»
Con quella frase, i tre vampiri si smaterializzarono per comparire alla periferia di Washington davanti a un capannone fatiscente qualche minuto dopo. Lotus non conosceva l'ingresso alla struttura, ogni volta veniva bendato con un drappo foderato da una sottile lamina di piombo, e anche stavolta fu lo stesso. Dopo migliaia di gradini, Lotus sentì voci, musica e calore provenire da un punto indefinito dinanzi a lui. E di sicuro c'era cibo, perché gli arrivò al naso l'appetitoso profumo di BBQ ribs.
«Potete toglierla.»
Lotus si irrigidì e dopo un istante fu in grado di vedere di nuovo. Alla grande tavola imbandita di ogni leccornia erano seduti sette vampiri a ingozzarsi come se non esistesse un domani, mentre il Padrone...
Un'immensa struttura ovale, che poteva essere un letto o un divano, non era ben chiaro, campeggiava al centro del salone illuminato da centinaia di candele nere e su di esso, sdraiato in posa indolente tra cuscini di seta, c'era il Padrone.
Era attorniato da tre donne, quella a destra era la preda che Lotus gli aveva inviato quattro giorni prima, completamente catatonica e frustrata. All'odore di quest'ultima, un'ondata di nausea gli risalì dallo stomaco incendiandogli la gola.
«Vieni avanti, Lotus» disse il Padrone con un cenno della mano.
Non era il momento di mostrare cedimenti, per cui avanzò senza distogliere lo sguardo dal vampiro millenario. Solo ai piedi della struttura, Lotus accennò un lieve inchino.
«Ti ringrazio, ma sai che da te non mi aspetto gesti di asservimento come questo.»
Leggi tra le righe: "Bello, non mi fotti con due moine". E aveva ragione, il vecchio!
«Sono venuto appena avete chiamato» cominciò Lotus e si fermò dinanzi a quegli ipnotici occhi verdi che lo fissavano con un sopracciglio inarcato.
«Se invece di parlare tu fossi così paziente da ascoltare, potresti anche smettere di tremare inutilmente come una foglia.»
Lotus aggrottò la fronte e inspirò per assicurare altro ossigeno ai polmoni. «Così mi offendete.»
Il Padrone esplose in una risatina garbata e lo guardò. «Ci vuole ben altro per offenderti.»
«Non in questo momento» bofonchiò tra i denti Lotus e osservò il vampiro alzarsi dal letto con un movimento fluido. Era alto e massiccio, bello e dominante.
«Hai sempre lavorato bene, Lotus, ma in questi ultimi otto mesi hai superato te stesso» cominciò il Padrone con una carezza lasciva nei capelli di una compagna di letto, che mugolò di piacere. «Stasera, però, mi è stato riferito di un tuo... moto di ribellione.»
«Ha detto che aveva bisogno di aria pulita lontano da noi succhiasangue» riferì Virgil, portando alla bocca un calice di cristallo pieno di vino rosso.
Perché non si strozza? Brutta spia di merda!
Il Padrone rise di nuovo. «Non posso dargli torto.»
Qualcosa non tornava. Era tutto troppo tranquillo, non aveva i ceppi ai polsi, nessuna tortura, non lo avevano ancora fatto fuori.
«Padrone?» chiese Lotus con apprensione.
«Non ho mai avuto al mio servizio un Blood Catcher capace quanto te, le prede sono sempre in magnifiche condizioni» cominciò il vampiro, raccogliendo una mela dal tavolo. «Per il tuo egregio lavoro ho deciso premiarti assegnandoti il controllo di una zona di caccia. Scegli con tranquillità quale e me ne occuperò personalmente.»
Virgil si alzò di scatto dalla sedia. «Padrone, devo ricordarvi quanto in passato Lotus si sia mostrato indegno? Non può ricevere una tale...»
Una mano si alzò perentoria e il vampiro tacque.
«Preferisco sorvolare su quell'unica defaillance in duecento anni di prestazioni perfette.  Dopo aver effettuato le mie valutazioni, ho stabilito che i servigi di Lotus, purché siano sempre a questi livelli di eccellenza, valgono più di un colpo di testa» esordì il Padrone voltandosi verso di lui, e gli si avvicinò. «E sono disposto anche a chiudere un occhio su comportamenti piuttosto... umani» concluse, facendogli l'occhiolino.
Lotus batté le palpebre un paio di volte. «Chicago. Voglio la zona intorno a Chicago.»
Il Padrone sorrise mostrando la punta delle zanne. «Ne ero certo.»
Con uno sventolio di seta, il Padrone tornò al grande letto. «Se vuoi unirti a noi, sei il benvenuto.»
Lotus fece un cenno secco con la testa. «Vi ringrazio della cortesia che mi mostrate, Padrone, ma...»
«Hai altro da fare. Sì, posso immaginare. La partenza, i preparativi» lo interruppe il vampiro con un sorriso tutto zanne e un lieve movimento di saluto con la mano. «Ma ricorda il nostro patto: avrai ciò che desideri in cambio della perfezione.»
Lotus annuì e si avviò alla porta, poi si fermò in attesa che lo bendassero. Mai come quella volta risaliva quei gradini pervaso da un senso di liberazione.
Maledizione, era stato fortunato! Era andato convinto che li staccassero la testa oppure che lo lasciassero bruciare al sole, e invece si era beccato una promozione.
E di quelle importanti!
Ma c'era poco da stare allegri. Il Padrone sapeva. Lotus si rabbuiò.
«Eccoci qui, coglione» sbottò Virgil, togliendogli la benda dagli occhi. «Ti dice bene solo che sei un Blood Catcher, altrimenti saresti un mucchietto di cenere da secoli ormai.»
Lotus batté le palpebre, la pioggia continuava a scendere incessante. «Ãˆ vero amico e, a quanto pare, dovrai aspettare a farmi il culo.»
Un ringhio permeò l'aria ma Lotus si limitò a mostrare al vampiro il dito medio e si smaterializzò per tornare all'internet point. Si sedette e ricominciò la sua ricerca.
Adrian.
E mentre digitava pensava a quanto poteva saperne il Padrone di Camille. O forse aveva solo giocato d'astuzia... no, sapeva che qualcuno, un essere umano, gli stava a cuore e aveva mostrato clemenza. Quanto sarebbe durata, però, dipendeva esclusivamente da lui.
Ah, eccolo!
Sì, l'indirizzo del bastardo era un altro. Si alzò in tutta fretta, pagò per la connessione e tornò nel solito vicolo, poi scompose le proprie cellule per ricomporle davanti a una palazzina di una decina di piani. Per fortuna pioveva anche ad Aurora, così Lotus sfruttò il tempo cupo e la notte per salire su tutti i balconi e spiare indisturbato attraverso le finestre.
Bingo!
Su un letto disfatto e l'espressione concentrata di chi non può distrarsi altrimenti perde l'attimo, c'era Adrian che si faceva montare da Miss Plastic.
Una smorfia di disgusto storse le labbra di Lotus. Sperò che Camille non abitasse con lui altrimenti lo avrebbe fatto fuori mentre quella troia rifatta se lo sbatteva. Si materializzò all'interno e studiò l'intero appartamento. No, quello era il chiaro rifugio di uno scapolo, quindi Camille lo aveva mollato.
«Fantastico» mormorò con soddisfazione. Adesso, però, gli serviva il suo indirizzo. Senza battere ciglio, seguì i finti gemiti ed entrò nella stanza.
L'urlo della puttana si bloccò a metà, zittito dalla malia.
Adrian sobbalzò. «Chi sei? Come sei entrato qui? Ora chiamo...»
«Non chiami proprio nessuno se non vuoi che ti faccia fuori» lo interruppe Lotus, disgustato dal tanfo di sudore e profumo scadente. «Ma che schifo ti metti addosso? Puzzi come un maiale... che poi è quello che sei.»
Una scintilla di livore si accese negli occhi di Adrian. «Come ti permetti?»
«Oh, lasciamo perdere, sto solo perdendo tempo. Dove abita Camille?»
Adrian aggrottò la fronte, stupito. «Che cosa?»
Lotus sollevò gli occhi al cielo. «L'indirizzo di tua moglie. Qual è.»
«Ex moglie» specificò subito l'uomo, guardandolo con insolenza, e Lotus sorrise compiaciuto.
«Perfetto. Dove abita?»
«Cosa te ne frega di dove...» provò a obiettare Adrian, ma Lotus gli andò sotto il naso a una velocità sorprendente e l'ammaliò.
«Dove abita Camille?» domandò scandendo le parole.
«Al 444 di Oak Avenue.»
Lotus si sollevò battendogli una mano sulla spalla. «Bravo ragazzo. E ora... non mi hai visto, stai fottendo questa tizia da dieci minuti e direi che sei pronto a venire. E tu, piccola troia finta, godrai come non hai mai goduto prima.»
Lotus si allontanò dal letto di un paio di passi e vide le azioni espletate alla perfezione. «Cristo, fate davvero schifo!» sbottò svanendo nell'aria.  Dopo pochi secondi, Lotus riprese forma in un grosso viale alberato davanti a una villetta.
«Merda» mormorò a bassa voce. Sentiva il lieve pulsare del sangue in risonanza con quello che era tra quelle mura di mattoni, ma in quell'istante era più sorpreso che voglioso.
Osservò gli alberi, le piante e l'ingresso addobbato di luci. Era Natale.
«E io me lo sono perso.»
Guardò il cellulare e... no, non se l'era perso, mancava ancora una settimana! Con bramosia, Lotus sbirciò alle finestre buie, la mezzanotte era trascorsa da un po', così si materializzò all'interno di quella casa semplice e colorata. Con la gola serrata salì al piano superiore, il sangue che richiamava a gran voce una creatura che gli apparteneva. Seguì quel segnale e arrivò alla camera di Camille. Lei riposava distesa su un fianco, avvolta nel soffice piumone color crema, l'espressione serena di chi dorme sogni tranquilli. Le si avvicinò, non resistette e le sfiorò la guancia con un dito. La pelle iniziò a formicolare, le zanne quasi esplosero dalle gengive, ma a lui non importava. La sua Camille stava bene, respirava ed era più bella che mai.
Un'ondata di amore immenso lo investì dall'interno, sconvolgendogli i pensieri e poggiò il palmo contro la guancia di lei che, come richiamata dal calore o dalla tenerezza del gesto, voltò il viso, coccolandosi contro la mano come un gattino.
Cristo, quanto gli era mancata? Molto di più di quanto aveva pensato. Era stato un folle a starle lontano.
No che non lo sono stato. Lei va difesa, e se per proteggerla devo lasciarla andare, allora... ma già sapeva che stavolta non sarebbe riuscito a mantenere il proposito. Dopotutto era una creatura profondamente egoista, altrimenti perché avrebbe chiesto di controllare Chicago e non Reykjavík?
«Ti amo» le sussurrò all'orecchio, e restò lì a sentire il suo odore, il calore della pelle. A sentire lei.
Camille distese le labbra. «Anch'io» biascicò assonnata e si rannicchiò tra le coperte. Lotus sorrise pago alle parole di lei e se ne andò silenzioso com'era arrivato. Scivolò fuori come fumo e si nascose tra le querce frondose che riempivano il viale. Restò fermo a lungo sullo stesso ramo a contemplare le mura che proteggevano la sua amata, a sentire il proprio sangue scorrerle nelle vene e, per la prima volta nella sua esistenza, si sentì a casa. Sì, quello sarebbe stato davvero un magnifico Natale, il primo di tanti che avrebbe trascorso con la sua Camille.



L'autrice:
Christiana V, pseudonimo di Cristiana Verazzo, classe 1972, nasce ad Albenga e vive ad Aversa in provincia di Caserta.  Sposata e madre di un bambino autistico di 11 anni, ha trovato nella scrittura la giusta valvola di sfogo per i propri eccessi emotivi. Nasce così nel 2011 l'urban fantasy Il Sigillo di Ametista, seguito nel 2012 dalla seconda parte della saga dei mezzoumani L'Enigma dell'Opale. Nel maggio 2014 esce Blood Catcher, un paranormal erotico di grande successo. Ha partecipato all'antologia urban fantasy Elements Tales con il racconto Soffio Vitale; all'antologia Donne Speciali con Fantasiosa; all'antologia 365 giorni d'Amore con La mia luce; all'antologia 365 giorni sotto l'ombrellone con Viaggio di una conchiglia; all'antologia romantic suspence Senza Fiato con Alla conquista di te; all'antologia EWWA Dopo carosello tutte a nanna con La scatola delle meraviglie e a quella ITALIA. TERRA D'AMORI, ARTE E SAPORI con La Janara (la paura fa novanta). Numerose le partecipazioni in gruppi, forum e blog con racconti.
Di prossima pubblicazione un romance contemporaneo dal titolo Crudele come il sole.

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13 commenti:

  1. era ora!!!morivo dalla voglia di sapere cosa ne era stato di Lotus e Cristiana non mi ha deluso,un bel regalo per chi come me ha amato il suo Blood Catcher e una bella prova di scrittura per far concludere una vicenda lasciata leggermente in sospeso ma senza snaturare il finale del libro!grazie Cristiana!

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  2. Grazie Christiana per questo racconto! Mi è piaciuto moltissimo. Ci hai fatto conoscere il misterioso Padrone, ma soprattutto ci hai ridato Lotus. Quanto mi era mancato! Proprio un bel regalo di Natale per noi appassionate del Blood Catcher.

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  3. Finalmente una degna conclusione per il tormento di Lotus! Mi aveva lasciata un po' amareggiata il finale di "Blood Catcher": non poteva andare diversamente, ma si spera sempre nell'happy end ^_^ Questo racconto non stravolge però l'epilogo di "Blood Catcher", come è giusto che sia. E' stata una sorpresa conoscere anche il famoso Padrone!
    Grazie Cri per questo regalo di Natale ;)

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  4. La Borgato apprezza un po' di ammore XD

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  5. Lotus e Camille una storia d'amore bellissima... Cri mi fai sempre sognare...

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  6. Wow, io come al solito inizio dalla fine. Ora ho un motivo in più per leggere Blood Catcher. Bellissima storia.

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  7. Delicato e al contempo intense, brava Christiana.

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  8. bravissima!!! MI è piaciuto un sacco!!

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  9. Wow Christiana, sei stata bravissima..sappi che sono sincera, perchè se un racconto non mi piace, non mi astengo dall'esprimere un giudizio negativo.Davvero bello :)

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