Presentazione: "IL PROFUMO DELL'ORO" di Lorena Bianchi.






Genere: Romance storico
Editore: Rizzoli
Pagine:
Prezzo: € 18,00 - € 8,99 ebook
Uscita:  28 Gennaio 2016








Sinossi
Fiamma ha diciott’anni, è impulsiva, determinata e negli occhi nasconde una forza che ancora non conosce. Insieme a Menico, apprendista di casa Giraldini, è cresciuta imparando l’arte di suo padre, messer Vincenzo, uno degli orafi più famosi di Roma. Ma un giorno i committenti dei Giraldini cominciano a preferire gli ori raffinati di Benvenuto Cellini. Fiamma, decisa a scoprire i segreti di quell’artigiano, corre alla bottega di Cellini. Lì conosce se stessa, il proprio corpo e una passione travolgente: nell’attimo in cui incontra gli occhi smeraldo dell’orafo Lorenzo de Luna capisce che non potrà più tornare indietro. Lorenzo le insegna un nuovo modo di forgiare i gioielli, incastonando nel metallo non solo le pietre preziose, ma anche i sentimenti e i desideri più nascosti.
L’intensità dei loro incontri, però, ben presto si interrompe. Fiamma ricomincia la sua vita dall’inizio e torna a lavorare l’oro, questa volta da sola; e ogni giorno, mentre perfeziona la sua arte, ricorda i tempi in cui Lorenzo la rendeva felice. È convinta dell’eternità dell’oro, ma anche di quella dell’amore…








Presentazione

Durante un’intervista Warren Buffett definisce l’oro il più insensato degli investimenti: perché improduttivo, perché dopo cento anni un grammo d’oro sarà sempre e soltanto un grammo d’oro. Certamente Mr. Buffett sa quello che dice, eppure l’oro è presente nella storia dell’uomo fin dai tempi più antichi. Il suo costante successo suggerisce davvero che l’idea di bellezza sia innata nella natura umana. Ancora oggi ci affidiamo all’eterna durevolezza dell’oro come simbolo d’amore e testimone degli eventi più speciali della nostra vita.
L’oro è malleabile e duttile, ma anche inalterabile e indistruttibile. Bellezza, forza e capacità di trasformarsi sono caratteristiche profondamente femminili.
La protagonista del romanzo è una giovane donna che sa fare dell’oro l’espressione di ciò che prova, pensa e vive.
Fiamma Giraldini è un’orafa nel secolo più luminoso e controverso della nostra storia, il Cinquecento, e la sua Roma è quella di Michelangelo, di Raffello e degli altri grandi geni del Rinascimento Italiano.
È un mondo funestato da grandi tragedie, paure, fanatismo religioso e ingiustizie, e Fiamma vivrà una delle pagine più devastanti della storia di Roma.
Affronterà tutto questo con le emozioni che appartengono alle donne di ogni tempo, compreso il nostro: donne che sognano, che amano, che perdono tutto e comunque si rialzano in piedi. Donne che trovano sempre un modo per continuare a vivere. Donne chiamate ad affermarsi in un mondo di uomini.
“Il profumo dell’oro” è la storia di una donna e di un’epoca apparentemente lontane nel tempo, ma che ci sono vicine nei sentimenti, perché questi sono sempre gli stessi. Attraversano i secoli, proprio come fa l’oro.




 I Personaggi


Fiamma Giraldini: […] Fiamma era cresciuta guardando il ritratto di sua madre, cercando delle somiglianze con quella donna sconosciuta. Avevano entrambe i capelli color castagna, che la luce abbelliva di riflessi ramati. Lo stesso naso, né grande né piccolo. E la bocca, troppo larga e carnosa, che Fiamma si era rassegnata ad avere e che a volte, camminando per Roma, attirava sguardi indesiderati. La dama del dipinto aveva sulle labbra un sorriso indefinibile, e proprio per questo squisitamente femminile e perfetto. Fiamma non sapeva fare quei sorrisi: rideva di cuore e non era capace di mascherare i suoi sentimenti dietro a un’espressione di circostanza. […]



Lorenzo de Luna: […] Adesso la luce dei bracieri lo rischiarava bene e ciò che Fiamma vide fu un volto dalla mascella decisa, incorniciato da riccioli folti come una criniera nera, e due occhi che le tolsero il respiro. Occhi bellissimi, dissero sia la donna sia l’orafa che erano in lei. Occhi che la fecero pensare alla giada e agli smeraldi, a una pietra dal nome che sembrava una parola magica: malachite. […]







  
Estratto
 
Fiamma entra per la prima volta nella fucina di Benvenuto Cellini.

[…] A Fiamma Giraldini sembrò di aver oltrepassato la cornice di un dipinto magico.
Con i suoi colori, luci e ombre quel luogo le parve opera del maestro Michelangelo che aveva affrescato la volta della Sistina. Comodamente disteso su una panchetta, il flautista continuava a suonare, gonfiando le guance coperte dalla barba. Le note volavano per la fucina come farfalle, posandosi sulla forgia, sul tornio, sulle frese e sui bulini. Erano gli stessi strumenti che Fiamma adoperava abitualmente nell’opificio di suo padre. E poi c’erano corpi: fanciulle e giovinetti, ninfe e fauni, sembravano risvegliarsi in una prigione di metallo prezioso, da cui ancora la lama dell’orefice doveva liberarli, incidendo e cesellando.
Il fuoco zoppicava dentro la fornace, accarezzando con riflessi dorati e rossastri i seni nudi delle dee e i muscoli definiti di giovani eroi pagani. Sparse sul velluto come un firmamento di stelle, le gemme attendevano l’incastonatura scintillando impazienti. I rubini e i granati sembrarono a Fiamma gocce di sangue. Oro, argento, bronzo... e avorio, si disse lei, mentre i suoi occhi si posavano sulle magnifiche e pallide statue che giacevano per terra. Nella penombra, all’improvviso, quelle stesse statue cominciarono a muoversi. Languide e sonnolente, distesero le membra con grazia flessuosa, i capelli sciolti sulla schiena nuda e il collo ornato da pesanti catene d’oro.
Portavano anelli alle dita e fili di perle intorno alle caviglie. Si vedevano solo i gioielli e la loro bellezza, e i monili e le donne erano così splendidi che Fiamma Giraldini non avrebbe saputo dire quale davvero fosse tra loro l’ornamento. Sono modelle, comprese con il cuore che le batteva forte. Modelle di carne, sorrisi e sospiri. Creature vive ed elusive, pienamente consapevoli del loro misterioso potere.
Sussultando, notò che erano nude. Indossavano camiciole scollatissime, e le gonne erano ridotte in brandelli che lasciavano intravedere il latteo lucore della loro pelle.
Scintillanti fili d’oro le avviluppavano come spire di serpente.
Al suo fianco, Domenico deglutì. «Quelle sono... sono...»
«Sono donne» gli rispose Fiamma in un sussurro. «Proprio come me.»
Il ragazzo arrossì furiosamente. «Come voi? Scherzate! Io prenderei a pugni chiunque osasse paragonarvi a quelle femmine!»
Meretrici, intuì Fiamma, riportando lo sguardo su di loro; come se, da donna a donna, potesse comunque capire cosa celassero i loro sorrisi e sguardi. Femmine da conio, si disse, ma i bozzetti sparsi nel laboratorio specchiavano i loro volti e mastro Cellini avrebbe inciso la loro effige nell’oro, cesellando madonne e mitologiche divinità femminili. […]




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