L'Angolo di Matesi: "NEW ADULT - UN ALTRO MONDO È POSSIBILE"



Per il consueto appuntamento con “L’Angolo di Matesi", Teresa Siciliano ci parla delle sue perplessità sul genere New Adult, che pur coprendo una grande fetta della letteratura rosa non convince… ma forse una speranza c’è ancora!


Ogni estate le case editrici fanno sconti e promozioni per venire incontro ai lettori forti, che sono in ferie e quindi hanno più tempo per leggere. E tutti noi che siamo ormai passati al digitale scarichiamo romanzi a prezzi fra 0,99 e 1,99 ciascuno. E ho detto tutto. Nel settore si è sempre particolarmente distinta la Fanucci con le sue tre ce: ho perso il conto dei titoli che ho acquistato quest’anno, ancor più dei precedenti. Ma una cosa mi ha colpito: fra i rosa Leggereditore ho trovato stavolta quasi soltanto new adult.
Come si sa, si tratta di vicende che hanno per protagonisti ragazzi sulla ventina, insomma quelli che in genere stanno frequentando l’università e devono ancora cominciare la loro vita di adulti. Ho cominciato a leggere il genere perché mi interessano i giovani, nonostante abbia all’incirca il doppio o addirittura il triplo della loro età: non per niente ero insegnante liceale fino all’altro ieri. Del resto i rosa hanno sempre interessato questa fascia d’età. Se ricordo bene, solo alla fine degli anni Settanta Harlequin, Bluemoon e company partirono con dei romanzi sui cosiddetti secondi amori, quelli cioè di persone che sono al secondo matrimonio e magari hanno già figli.
Quello che mi colpisce oggi è il fatto che i contenuti sono cambiati: prima i protagonisti avevano o cercavano un progetto di vita da perseguire e gli eventi narrati erano importanti e seri. Ora per pagine e pagine mi sono dovuta sorbire la descrizione di feste in cui si fanno scherzi idioti e ci si ubriaca alla grande, si hanno storie di sesso di una notte o poco più e magari bullismo a iosa o addirittura violenze carnali.
Immagino che la motivazione principale sia l’influsso di certi fatti di cronaca: le statistiche dicono che le aggressioni sessuali sono molto frequenti nelle università americane e mi pare che in Italia cose simili accadano già negli anni del liceo, sia nelle grandi che nelle piccole città. Però non sempre questi fenomeni vengono trattati nei rosa nelle forme più adatte.
Easy della Webber parte forse con lodevoli intenzioni in merito, anche se io l’ho capito solo nell’ultima parte, in cui si scopre che l’autrice intende protestare contro gli stupri e fornire suggerimenti alle studentesse. Ma fino a quel momento ci si occupa di cose di nessuna importanza, davvero noiosissime per una lettrice non più giovane. Ecco un esempio.

Avevo perso il conto dei drink che Erin mi aveva messo in mano, dicendomi che poiché era lei l’autista della serata, io dovevo bere per due. «Non posso toccare nessuno di questi strafichi... quindi devo vivere di riflesso. Ora finisci quel Margarita, smetti di fare il broncio e fissa uno di questi ragazzi finché non sapranno che non perderanno un arto se ti chiedono di ballare.»
«Non sto facendo il broncio!» dissi imbronciata, obbedendo e rifiutando l’ennesimo drink. Feci una smorfia. La tequila scadente rifiutava di nascondersi sotto una consistente miscela di Margarita ancora più scadente, ma è quello che si ottiene con drink da quattro soldi, tasse escluse.

Oppure:

Poiché avevo tracannato drink e indossavo il giusto abbigliamento, cominciai a muovermi in maniera sempre più sciolta al ritmo di musica, ridendo per le allegre pose di Erin e i gesti da danza classica di Maggie. Il primo tizio a interromperci si avvicinò a Erin, ma lei scosse la testa dicendo con le labbra, senza emettere suoni, la parola ‘fidanzato’. Lo fece girare verso di me e io pensai: Sono io, quella senza fidanzato. Senza più una relazione. Senza più Kennedy. Senza più ‘Sei la mia Jackie’.
«Vuoi ballare?» gridò il ragazzo sopra la musica, irrequieto, come se fosse pronto a imbizzarrirsi se l’avessi respinto. Annuii, reprimendo un dolore inutile e quasi fisico. Ero la ragazza di nessuno, per la prima volta in tre anni.
Due ore dopo avevo ballato con troppi ragazzi per potermene ricordare, evitando mani morte e tracannando qualunque drink non mi avesse già dato Erin. Ammassate intorno a un tavolo alto vicino alla pista da ballo, appoggiammo i fianchi agli sgabelli tutt’intorno osservando le varie scene di abbordaggio.

E i romanzi di questo genere sono tutti così.
Per un po’ ho pensato che la colpa fosse mia, che fossi troppo vecchia per apprezzare questo tipo di tematiche. Ma poi… poi è arrivato lo stupefacente Sangue amaro di Angela D’Angelo.
Si tratta di un racconto ambientato a Scampia proprio alle Vele. I protagonisti hanno rispettivamente Antonio 27 anni, Greta 28. L’ambientazione è insolita e per forza di cose deve fare i conti con il fenomeno della criminalità organizzata. D’altra parte l’autrice, pur scrivendo un romance, ha voluto tenere fermo il contatto con la realtà vera, nel male ma anche nel bene. Quindi Antonio è figlio di un piccolo camorrista finito in galera per rapina e detenzione di droga, e un po’ anche al posto del suo boss, appartenente alla potente “famiglia” De Lucia. Da quel momento Antonio ha rifiutato la pensione offertagli dalla camorra e si ammazza di lavoro per mantenere la custodia del fratellino di sette anni. Reduce da un’infanzia difficile, durante la quale il padre lo picchiava spesso violentemente, così come faceva con la moglie, si è sempre tenuto lontano da traffici illeciti e continua ad educare Gabriele in questo senso, così come sua madre faceva con lui prima di morire. Lo stress continuo di vivere alle Vele senza cedere alla tentazione dei soldi facili, e quindi sempre sul filo del rasoio, ha plasmato il suo carattere e condizionato quello del fratello.
Greta è una psicologa che viene dalla zona bene del Vomero e lavora temporaneamente in un programma per il recupero di minori a rischio. È così che i protagonisti si incontrano e vengono travolti da un sentimento irresistibile. Numerosi gli ostacoli che si trovano davanti: innanzitutto la differenza di cultura e di classe sociale (lei è laureata, lui meccanico), ma anche di carattere. Antonio è chiuso e poco comunicativo, sempre su posizioni di difesa: si sente troppo inferiore alla donna che pur ama, senza confessarlo neanche a se stesso. All’inizio teme addirittura che lei sia attratta dall’idea di mettersi con un bad boy, insomma dal fascino della trasgressione, e che in breve si vergognerà di lui, tanto più che non ha niente da offrirle. Più volte arrivano sull’orlo della rottura per la difficoltà di comunicare e poi arriverà il peggio: Antonio rifiuterà di farsi coinvolgere dai De Lucia nel traffico di droga e verrà “punito” con l’incendio della sua macchina e un pestaggio in piena regola. A quel punto la soluzione potrà essere una sola.
Insomma i protagonisti sono due ragazzi, come oggi si definiscono quelli della loro età, alle prese con problemi più grandi di loro e che tuttavia sanno affrontare con coraggio: non hanno tempo, denaro ed energie da spendere in stupide feste; anzi si prefiggono l’obiettivo di costruirsi una vita onesta sullo sfondo di un mondo dove tutto è molto difficile, perché puoi essere ucciso ogni momento.
Però la notte non può durare per sempre, ritiene l’autrice, riecheggiando Napoli milionaria di Eduardo De Filippo e forse anche il Vecchioni di Chiamami ancora amore. Il finale è dolceamaro e per entrambi segna uno strappo doloroso, ma è pieno di speranza e di promesse per l’avvenire.
Non so se sarò ancora capace di leggere i new adult americani che furoreggiano al momento anche da noi.



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1 commento:

  1. Articoli sempre gradevoli. Neppure io amo il genere new/adult, con quelle storie esagerate che sembrano tutte tratte dalla vita nelle università americane. Come se gli studenti americani fossero tutti quanti vitelloni ubriaconi, violenti e sessuomani. Da come lo descrivi, il romanzo di Angela sembra diverso e interessante, dal momento che parla italiano. Brava, Angela.
    Miriam Formenti

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