Recensione: "LA RANDAGIA" di Valeria Montaldi.







Genere: Thriller
Editore:  Edizioni PIEMME
Pagine:  432
Prezzo: € 9,99 (ebook )   
Uscita: 05 Aprile 2016








Sinossi:

1494. Nella vecchia casupola annidata fra i boschi di Machod, vive, sola, Britta da Johannes, una giovane, bellissima donna. Sebbene siano in molti a ricevere beneficio dai suoi rimedi erboristici, Britta suscita paura. La sua solitudine è alleviata dal legame, appassionato e furtivo, con il figlio del castellano. Quando un doloroso avvenimento mette fine alla loro storia d'amore, per Britta comincia una terribile discesa all'inferno. Maldicenze e calunnie si accumulano contro di lei, fino ad arrivare alle orecchie dell'inquisitore. Il giudizio finale è inappellabile: Britta è una strega e il suo destino è il rogo.
2014. È un gelido mattino di novembre quando Barbara Pallavicini, studiosa di medievistica, raggiunge le rovine del castello di Saint Jacques aux Bois. Lì troverà l'ultimo tassello della sua ricerca, l'iscrizione lasciata da una donna condannata per stregoneria. Nella penombra del sotterraneo, gli occhi di Barbara incontrano quelli spenti di un cadavere. Atterrita, ch
iama i carabinieri. Giovanni Randisi, maresciallo del Comando di Aosta, identifica la vittima: è una ragazza del luogo, ossessionata da storie di demoni e malefici. Le indagini, in lotta contro il tempo, diventano ancora più affannose quando si viene a sapere che la migliore amica della vittima è misteriosamente scomparsa. Perché una ragazza dedita all'occulto è stata uccisa fra le stesse mura che cinquecento anni prima avevano imprigionato una strega? E se la soluzione dell'enigma affondasse le radici proprio in quel lontano passato?



La randagia è un thriller con accenni paranormal edito da Piemme. La particolarità di questo romanzo consiste nel fatto di essere costruito su due livelli paralleli: la vicenda di Britta da Johannes, ambientata nel tardo ‘400 e le indagini di Giovanni Randisi, coadiuvato dalla studiosa Barbara Pallavicini in epoca odierna.
Se la parte medievale del romanzo mi ha conquistato completamente, devo ammettere di avere un po’ di riserve riguardo la parte attuale e più propriamente thriller del libro.
La colpa di Britta, se così si può definire, è stata quella di innamorarsi del figlio del signore del castello e suo erede. Quando il giovane muore in circostanze misteriose (fino a un certo punto), la colpevole viene presto identificata nella giovane erbaria, tacciata di stregoneria e, dopo un processo minuzioso e inquietante, condannata alla pena più atroce, la morte sul rogo.

«Il bosco, il fiume, l’erba, i campi, le rocce, gli animali, gli uccelli… Tutto quello che c’è là fuori è un dono della Terra Madre: io mi sono servita di quel dono per soccorrere gli altri e me stessa. Credevo che questo fosse il destino che mi era stato assegnato, ma mi sbagliavo. Forse ho peccato di superbia, o forse, senza volerlo, ho fatto del male a qualcuno: è la sola ragione per cui sono qui, non ce ne sono altre.»


Dopo più di 500 anni, la Pallavicini studiosa di storia medievale e affascinata dalla vicenda della suddetta ‘strega’, si introduce tra le rovine del castello che è stato luogo di reclusione di Britta. Qui fa una scoperta raccapricciante: invece di trovare tracce utili per la sua ricerca, si imbatte nel cadavere di una giovane donna, Francesca Ravet, che scopriremo essere una discendente di Britta. Il caso viene affidato a Giovanni Randisi, burbero maresciallo dei carabinieri, e alla sua collaboratrice l’efficiente Claudia Lucchese. I due esponenti dell’Arma, con il prezioso aiuto della dottoressa Pallavicini, verranno a capo del giallo, per la soluzione del quale entreranno in gioco rivalità territoriali, invidie, gelosie, omertà e anche un po’ di superstizione.

Tutto si aspettava, fuorché una giovane di tale bellezza. Baldo la fissò stupito: gli occhi che lo guardavano avevano forma di mandorla, la bocca era turgida, i capelli scendevano in morbide onde fino alla vita. Un semplice guarnello verde ricadeva intorno al corpo e ne sottolineava le forme aggraziate.

Il libro è scritto molto bene e si legge agevolmente, le descrizioni sono precise ma non appesantiscono la lettura; merito va riconosciuto alla Montaldi di essersi ben documentata sui processi di stregoneria, che hanno costituito uno dei periodi più oscuri del medioevo.
La vicenda di Britta entra sotto pelle, la donna è istruita, sa leggere e scrivere, conosce i rimedi delle erbe ed è una guaritrice (questo tratto mi aveva affascinato anche nella protagonista de ‘La straniera’) e oltretutto è molto bella. Non avendo una famiglia a proteggerla, ha perso entrambi i genitori, è facile entrare nel mirino di chi vede dovunque lo zampino del demonio.
Quello che maggiormente desidera Britta è lasciare traccia di sé, una sorta di testamento spirituale che verrà raccolto da Barbara Pallavicini.

Alla fine di quell’appassionata disquisizione, aveva affermato che la Johannes, come migliaia di altre donne in Europa, aveva pagato con la vita la propria esigenza di emancipazione dal potere maschile.

La studiosa sente molta affinità verso l’oggetto delle sue ricerche e si mette a disposizione di Randisi che, grazie al suo aiuto, imbocca la pista giusta per risolvere il caso d’omicidio e assicurare alla giustizia il colpevole. Al contrario di Britta, ho provato molta meno empatia verso i personaggi attuali: li ho trovati poco approfonditi dal punto di vista psicologico e forse un po’ stereotipati. Anche la parte relativa al giallo mi è risultata un po’ semplicistica e non mi ha convinto del tutto il movente del delitto.
Lo consiglio soprattutto per le riflessioni che induce sulle barbarie che hanno caratterizzato il nostro passato e sulle superstizioni che ancora sopravvivono, un po’ meno a chi ama i thriller più strutturati e adrenalinici.








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